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Indice degli argomenti: La necessità di un cambio di paradigma Lo sviluppo della bioeconomia in Italia Le temperature roventi, la siccità, il crescente livello di inquinamento sono solo alcuni dei campanelli di allarme che devono costringerci a ripensare il nostro modo di fruire delle risorse naturali. Il duro periodo di pandemia ha portato cittadini a porre maggiormente l’accento sul tema della sostenibilità: il consumatore è diventato più critico, attento e orientato verso scelte a minor impatto ambientale. L’etica è fondamentale, ed è per questo motivo che sempre più imprese hanno iniziato a ripensare il proprio modello di sviluppo economico in una logica di “green oriented”. L’overshoot day – che quest’anno è domani, 28 luglio – ci ha chiaramente indicato che le risorse si stanno esaurendo: un contesto di grande fragilità a cui si aggiunge la pandemia ancora in corso e l’attuale crisi energetica legata ai recenti contrasti geopolitici. Una situazione complessa che rende urgente il cambiamento verso un reale processo di transizione energetica. Ed è proprio in questo scenario che la Bioeconomia, il sistema che usa le risorse biologiche e gli scarti per produrre energia, ricopre un ruolo cruciale per la transizione energetica. Secondo l’VIII Rapporto “La Bioeconomia in Europa questo sistema “se declinato nella logica circolare, come rigenerazione territoriale, con al centro la salute degli ecosistemi e in particolare del suolo, può essere uno strumento potente delle strategie e delle politiche europee per un cambio di rotta che passa per un mutamento culturale della società esprimibile con il “fare di più con meno”. Il Rapporto è stato realizzato dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo in sinergia con il Cluster SPRING e Assobiotec: questo documento analizza il ruolo della Bioeconomia e il suo impatto nell’attuale contesto economico. La necessità di un cambio di paradigma Secondo il report, nel 2021 la Bioeconomia in Italia ha prodotto un output in Germania, Francia, Spagna e Italia pari a circa 1.500 miliardi di euro dando occupazione ad oltre 7 milioni di persone. Lo scoppio della guerra in Ucraina ha reso più fragile lo scenario di sviluppo economico per via dei rincari dei costi energetici e delle difficoltà di approvvigionamento. Tutto ciò avrà sicuramente un impatto sulla filiera della Bioeconomia, anche se il potenziale di sviluppo rimane alto. Cambiare rotta è cruciale per garantire un futuro migliore al nostro pianeta. Come sottolineato da Elena Sgaravatti, Vice Presidente Assobiotec: “La bioeconomia circolare è oggi un paradigma imprescindibile per evitare sprechi e valorizzare gli scarti. Dai cambiamenti climatici alla perdita di biodiversità, le crisi che stiamo affrontando sono le conseguenze dirette di un modello economico che è rimasto lo stesso dagli albori della rivoluzione industriale”. Prosegue Sgaravatti: “Occorre ripensare profondamente il modo in cui si crea valore, allontanandosi dall’economia lineare, sostanzialmente estrattiva. Necessario un profondo cambiamento trasformativo: abbiamo bisogno di un’economia circolare e rigenerativa su larga scala in piena coerenza con l’approccio “One Health” che oggi ormai tutti riconosciamo come indirizzo strategico per una crescita sostenibile. All’interno di questo meta settore, le biotecnologie hanno certamente un ruolo straordinario e sono lo strumento per lo sviluppo di un’economia prospera, sostenibile e rispettosa dell’ambiente, per produrre di più con meno”. Lo sviluppo delle imprese della Bioeconomia potrà contare sul supporto e l’attenzione della comunità europea che a livello nazionale grazie alla nuova programmazione 2021-2027 del Fondo di Sviluppo e Coesione – FSC. Lo sviluppo della bioeconomia in Italia Le attività collegate alla Bioeconomia in Italia hanno registrato un output del 10,6% diffuso a tutti i settori totalizzando 364,4 miliardi di euro ovvero 26 miliardi più del 2019. Dopo aver chiuso il 2020 con un calo del valore di produzione del 2,6%, il sistema della Bioeconomia è tornato a recuperare terreno registrando un rimbalzo dell’output pari al 10,6%, ben oltre i livelli pre-pandemia. Investire nella sostenibilità ha dato i suoi frutti: il settore della Bioeconomia si è dimostrato “resiliente” tanto da aver subito in maniera minore l’impatto della pandemia. Dall’analisi dei dati raccolti dal team di ricerca si evince che la Bioeconomia italiana inizia a pesare l’11,4% dell’output, affermandosi come un settore in crescita rispetto al biennio precedente. Dal punto di vista industriale, le performance analizzate dai ricercatori risultano diversificate. Alcuni comparti industriali che avevano segnato maggiori flessioni nel 2020 hanno ampiamente recuperato le performance perse nell’anno precedente, mentre altri settori mostrano dinamiche meno accentuate con una flessione più modesta. Al primo posto troviamo la filiera agro-alimentare: il comparto rappresenta circa il 60% del valore della Bioeconomia nel nostro territorio, generando un output di 216 miliardi di euro. Anche in termini di occupazione il settore dell’agro-alimentare si configura come il più rilevante: “nel 2021 gli occupati del comparto (928 mila nell’agricoltura e 468 mila nell’industria alimentare) sono stati pari rispettivamente al 46,1% e il 23,2% del totale della Bioeconomia nazionale”. Segue il “sistema moda”, un ambito produttivo che aveva registrato una delle flessioni più accentuate tra tutti i settori della Bioeconomia. L’ambito fashion si sta dimostrando attento verso la componente bio-based: il valore della produzione del sistema moda bio-based è stato di 42 miliardi di euro, con un aumento del 21,1% rispetto al 2020. In crescita il comparto della chimica bio-based che registra un valore di 6,3 miliardi di euro nel 2021, in crescita di 1,4 miliardi rispetto all’anno precedente. Potremmo pensare che l’intera filiera del legno sia appartenente alla Bioeconomia, ma per il settore dei mobili solo metà della produzione è realmente bio-based. Come riportato nel documento di analisi, “la filiera del legno e il comparto dei mobili bio-based hanno generato rispettivamente 16,8 e 12,4 miliardi di euro nel 2021, rappresentando l’8% sul valore complessivo della Bioeconomia. Nel 2021, la filiera del legno ha segnato un incremento a doppia cifra del valore della produzione, beneficiando in particolare della ripresa dei settori attivanti: mobili e costruzioni”. Le bioenergie rappresentano circa lo 0,9% della Bioeconomia nel nostro Paese, dando occupazione a 2mila persone. Con la spinta verso la transizione energetica, questi settori saranno sempre più coinvolti e avranno un ruolo di rilevanza maggiore soprattutto in merito al biogas, biomassa e bioliquidi. Come riportato nel documento, il potenziale di sviluppo del settore della Bioeconomia in un’ottica circolare è elevato nel nostro Paese e diffuso in tutto il territorio nazionale con alcune specifiche: “L’aggiornamento al 2019 delle stime del valore aggiunto della nelle regioni italiane ne evidenzia un ruolo particolare nelle regioni del Nord-Est e del Mezzogiorno, con un peso sul valore aggiunto regionale dell’8% e 7% rispettivamente. Sotto la media italiana invece nel Nord-Ovest (5,3%) e nel Centro (5,8%)”. Ciò che colpisce è il legame tra sviluppo della bioeconomia e le specificità locali. Il territorio locale è “punto di partenza fondamentale per supportare un modello di sviluppo economico, sostenibile e circolare, che richiede una costante interazione tra attori diversi (imprese, istituzioni, centri di ricerca) e un’integrazione tra settori economici differenti”. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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