Impianto termico o di climatizzazione (invernale/estiva): tipologie, caratteristiche e componenti 26/03/2025
Indice degli argomenti Toggle Acqua per idrogeno verde: è sostenibile?Fabbisogno di acqua per elettrolisiDissalazione, nuove tecnologie e opportunità aperte con l’idrogeno verdeElettrolisi e soluzioni per il trattamento dell’acquaAcqua e idrogeno verde: fonti, costi e confrontoL’acqua non è un limite, ma un’opportunità Quanta acqua per l’idrogeno verde? È una domanda fondamentale per produrre idrogeno da elettrolisi, contando sull’energia elettrica necessaria prodotta da fonti rinnovabili. Oltre a capire il fabbisogno idrico necessario, è già opportuno pensare alle soluzioni tecnologiche alternative all’acqua potabile perché si prevede che la produzione di idrogeno passerà da 200 milioni di tonnellate attese al 2030 a oltre 500 milioni di tonnellate nel 2050, secondo i dati IEA. Già oggi gli sprechi idrici sono sensibili: su scala globale, la perdita totale di acqua è compresa tra il 35% e il 40%. Ci sono però tecnologie già mature, anche se con costi elevati: pensiamo alla dissalazione. Ma altre si stanno prospettando all’orizzonte: è il caso dell’elettrolisi da acqua di mare. Acqua per idrogeno verde: è sostenibile? Se è un bene fondamentale, l’acqua, per l’idrogeno verde è un componente essenziale. Ma lo stesso idrogeno, come vettore energetico, si pone come elemento basilare per la decarbonizzazione dei settori hard to abate come pure per l’energy storage di lungo periodo con potenze importanti. Ma qual è l’impatto della produzione di idrogeno verde in termini di richiesta di acqua? Secondo Natalia Pierozzi, Carbon Reduction Excellence Technical Manager presso RINA, le considerazioni da fare sono molteplici. In particolare è bene comprendere l’impronta idrica legata alla produzione di elettricità, quindi sulle rinnovabili, e all’acqua necessaria per il water splitting, ovvero la reazione chimica in cui l’acqua viene scomposta in ossigeno e idrogeno. Produrre energia elettrica da fonti rinnovabili richiede acqua, in ogni caso e con qualsiasi fonte. Uno studio condotto da un team di ricerca dell’Università di Leiden ha messo a confronto il fabbisogno idrico per la produzione energetica di diverse fonti, segnalando che per generare elettricità, le centrali elettriche utilizzano enormi quantità di acqua. In Europa e negli Stati Uniti, la generazione di elettricità è responsabile del 40% del prelievo idrico totale. Lo studio ha messo a confronto diverse fonti energetiche: biomasse, idroelettrico, petrolio, nucleare, carbone termico, CSP, gas naturale, fotovoltaico ed eolico. Pur considerando diversi fattori, ed evidenziando che il confronto è complesso emerge, però, che «fotovoltaico ed eolico sono al fondo di questo grafico. Ciò indica che consumano meno acqua rispetto alle altre fonti – sottolinea Pierozzi –. Ne richiedono, è vero, ma in misura minore rispetto agli altri alle altre fonti energetiche». Per la precisione l’eolico – la fonte più virtuosa a questo proposito – riporta un valore medio di 43 litri per MWh, mentre il fotovoltaico ne richiede 330 l/Mwh. Giusto per fare qualche confronto, il gas naturale ne richiede 598, il carbone 2220, il nucleare 2290, il petrolio 3220. Fabbisogno di acqua per elettrolisi Si passa poi al calcolo del fabbisogno di acqua come materia prima per il processo di separazione idrogeno e ossigeno. «Dal punto di vista stechiometrico, l’elettrolisi prevede che sono necessari circa 55 kWh per separare nove chili di acqua in otto chili di ossigeno e un chilo di idrogeno. Stiamo parlando di acqua pura, perché gli elettrolizzatori hanno bisogno di acqua depurata di alta qualità, pena la degradazione dei loro componenti. Se però partiamo da acqua di rubinetto, questo valore aumenta a 20/25 litri al chilogrammo». Nel calcolo di produzione elettrico e di water splitting, per produrre un chilo di idrogeno, l’eolico avrà bisogno di 19,4 chili di acqua. Nel caso del fotovoltaico avrà bisogno di 35,2 litri di acqua per 1 kg di idrogeno. È un quantitativo elevato o ridotto? Pierozzi ha posto in prospettiva questi numeri mostrando prima il confronto con i consumi di acqua di altri settori e poi con l’acqua disponibile sulla terra. «Prendendo in considerazione il valore di Irena relativo alla produzione di idrogeno verde atteso al 2050, pari a 400 milioni di tonnellate, richiedono 7-9 miliardi di metri cubi di acqua. Se andiamo a vedere quindi come il consumo di acqua per produrre idrogeno verde è di 24,8 miliardi di metri cubi, paragonabile a quella della produzione della ristorazione, assai inferiore al consumo di acqua necessario per uso municipale (464 miliardi mc), industriali (768 miliardi mc) per non parlare dell’agricoltura (2769 miliardi mc)». Se poi si analizza il quantitativo di acqua disponibile sulla terra il volume di acqua sulla Terra è di circa 1,4 miliardi di chilometri cubi. Il 96,5% di quest’acqua è negli oceani, il 2,5% circa è acqua dolce. Quest’ultima, tra l’altro, non è totalmente accessibile: solo una frazione (circa 9,3 metri cubi per dieci elevato alla 13) lo è. «Globalmente non c’è un problema di scarsità d’acqua, ma è prioritario considerare le condizioni specifiche delle regioni», ha rilevato Pierozzi. Se si guarda la mappa messa a punto da IEA relativa ai costi di produzione di idrogeno con la disponibilità di fotovoltaico ed eolico, i costi minori si avranno in Africa, in Medio Oriente, Australia, Cile. Tuttavia la situazione idrica in queste aree, ricche di energia da fonti rinnovabili, è inversamente proporzionale alla disponibilità d’acqua. Per questo sarà importante poter contare sulla tecnologia di dissalazione dell’acqua. Dissalazione, nuove tecnologie e opportunità aperte con l’idrogeno verde Inserire il costo dell’intervento di dissalazione aumenta i costi: per l’idrogeno verde aggiunge l’1-2% al consumo di energia e al costo di produzione (secondo IRENA). «Queste cifre potrebbero diventare più rilevanti a causa della prevista riduzione dei costi degli elettrolizzatori e del miglioramento dell’efficienza», ha aggiunto Pierozzi. C’è un’altra tecnologia che punta a realizzare l’elettrolisi direttamente con acqua di mare. Per ora il livello di maturità tecnologica (TRL) è a 2-4, quindi ancora in fase embrionale. Quindi, è sostenibile produrre idrogeno verde su larga scala? «Innanzitutto, percorsi diversi di decarbonizzazione hanno implicazioni diverse sull’utilizzo dell’acqua. L’idrogeno verde ha un impatto idrico più basso rispetto ad altre fonti. Il footprint dell’acqua ha un impatto diverso a seconda del luogo in cui ci si trova. Nonostante questo, nonostante la scarsità dell’acqua, non si ritiene che l’acqua sia un ostacolo importante allo sviluppo scalabile dell’idrogeno elettrolitico in quelle regioni in cui c’è lo stress e che sono anche ricche di rinnovabili. Nelle potenziali regioni dove ci saranno grandi impianti di produzione di energia verde si potrà ricorrere agli impianti di dissalazione. Sicuramente, soprattutto in queste regioni i progetti di idrogeno verde andranno pianificati insieme in maniera integrata alla gestione dell’acqua dai primissimi stadi di definizione del progetto. E cambiando prospettiva, la produzione di idrogeno verde potrebbe diventare anche una opportunità per l’acqua, per quelle regioni in cui c’è scarsità d’acqua. La produzione di idrogeno verde potrebbe infatti, tramite impianti di dissalazione, andare a coprire il bisogno di acqua per le comunità, aumentando la water security». Elettrolisi e soluzioni per il trattamento dell’acqua Nella relazione tra acqua e idrogeno verde, è bene considerare che tipo di acqua è impiegabile per il processo di elettrolisi. Serve acqua depurata di elevata qualità. Pensando che al 2040 ci saranno 200 GW di elettrolizzatori programmati serviranno 620 milioni di metri cubi di acqua pura, circa l’85% dei quali da produrre in paesi con elevato stress idrico. Come evidenziato da Giulia Sporchia Senior Process Engineer, Cannon Artes, società specializzata nel trattamento acque, si va da una richiesta di acqua demineralizzata di altissima qualità (0.1 µS/cm) per la tecnologia PEM (membrana a scambio protonico) a 5 µS/cm per la tecnologia alcalina e AEM (membrana a scambio anionico). Per produrre acqua demineralizzata le tecnologie sono tre: osmosi inversa, resine a scambio ionico, elettrodeionizzazione (EDI). Per quanto riguarda le fonti di approvvigionamento di acqua per il trattamento? La principale fonte è l’acqua potabile di rete, mentre quelle alternative sono da falda, acque profonde o superficiali (fiume o lago), mare o reflua. Acqua e idrogeno verde: fonti, costi e confronto Nel confronto tra queste fonti, Sporchia ha preso a riferimento un impianto di produzione green hydrogen da 10 MW per produrre circa 20 Kg/h, mediante tecnologia PEM che richiede due metri cubi/ora. Nel caso di acqua potabile di rete, con un trattamento di osmosi inversa o EDI, partendo da 2,5 m3/h si arriva a produrre 2 m3/h. Nel caso dell’acqua di falda, la più simile all’acqua potabile di rete, si mantiene la sostanziale quantità di acqua depurata (da 2,5 m3/h si arriva a produrre 2 m3/h) dovendo però calcolare un trattamento che tenga conto di filtri a sabbia e filtri a carbone attivo. Il capex è di 200mila euro. Nel caso di acqua di fiume/lago, il rapporto passa a 3 m3/h- 2m3/h e con spese in conto capitale pari a 300mila euro. Nel caso di acque reflue il quantitativo di portata richiesta è di 3,4 m3/h con un capex di 400mila euro, richiedendo un trattamento chimico-fisico e biologico. Si arriva infine all’acqua di mare: in questo caso servirà una dissalazione e filtrazione prima del trattamento e si dovranno calcolare 6m3 di acqua in ingresso. La spesa in conto capitale passa a 450mila euro. L’acqua non è un limite, ma un’opportunità Nel confronto si notano differenze sostanziali, in termini di rendimento: si passa da un’efficienza del 79% dell’acqua potabile e di falda al 33% dell’acqua di mare. Anche nel caso della potenza installata aggiuntiva necessaria per il trattamento acque si passa da 8 kW dell’acqua potabile ai 29 dell’acqua di mare. Sono tutti elementi da considerare, tenendo conto delle opportunità e dei costi. Ma, come ha aggiunto in conclusione Sporchia, «l’acqua non è un limite: le tecnologie di trattamento acqua sono disponibili per prendere in considerazione anche fonti non convenzionali. Devono essere implementate in modo corretto da specialisti con un dovuto know-how». Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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