La Giornata internazionale Rifiuti Zero 2025 dedicata alla moda e ai tessuti

Il 30 marzo l’Onu con l’International Day of Zero Waste lancia un messaggio per dare più forza alla corretta gestione a livello globale: ridurre, riutilizzare, recuperare e riciclare.
Lo Zero Waste Day 2025 si concentra sul mondo della moda: la produzione di capi e tessuti sfrutta le risorse naturali, rilascia gas serra ed emana nell’ambiente sostanze chimiche dannose.

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Ogni anno 2,3 miliardi tonnellate spazzatura, torna l'International Day of 0 Waste

Quante magliette abbiamo nell’armadio? Quella grigia comprata in saldo, mai indossata. Oppure quella rossa che sembrava perfetta, ma che abbiamo scoperto non essere della giusta taglia. Ogni settimana nei negozi si susseguono collezioni su collezioni, un flusso inarrestabile di capi fast fashion che ci tenta continuamente.

Ma cosa cela l’acquisto di un capo alla moda low cost? Spesso si tratta di un racconto di ecosistemi danneggiati e di risorse naturali sprecate. Una t-shirt che vale pochi euro non è un’offerta imperdibile:  rappresenta invece un ingranaggio di una macchina inquinante che sta inesorabilmente devastando il pianeta.

I dati sull’impatto ambientale della moda parlano chiaro: annualmente milioni di tonnellate di vestiti finiscono in discariche o vengono bruciate, mentre solo l’1% dei tessuti viene effettivamente riciclato. In Europa, ogni cittadino butta mediamente 16 chilogrammi di prodotti tessili all’anno, di cui quasi 12 finiscono nei rifiuti indifferenziati, un fiume di stoffa destinato a inquinare, a persistere per decenni nei nostri ecosistemi (fonte WWF Italia).

È in questo delicato scenario che si inserisce lo Zero Waste Day 2025: il 30 marzo è la Giornata Internazionale Rifiuti Zero, promossa congiuntamente da UNEP e UN-Habitat, che diventa quest’anno un appello alla trasformazione radicale dei nostri modelli produttivi, con un focus particolare sul settore tessile.

Come dichiarato dal Segretario Generale dell’ONU António Guterres: “La Giornata internazionale di quest’anno è dedicata alla moda e ai tessuti. Ed è giusto che sia così. Se non acceleriamo i tempi, vestirci per uccidere potrebbe uccidere il pianeta”.

Giornata Internazionale Rifiuti Zero 2025: riflettori puntati sulla moda

Tra le dodici categorie di consumo delle famiglie europee, i prodotti tessili si classificano al quinto posto per pressioni ambientali e climatiche, un dato che traduce in numeri la distruzione quotidiana provocata dall’industria dell’abbigliamento. Le metriche misurate dall’EEA (Agenzia Europea per l’Ambiente) – utilizzo di materie prime, emissioni di gas serra, consumo di acqua e suolo – dipingono un panorama in cui ogni capo d’abbigliamento nasconde un impatto ambientale di notevole portata.

Giornata Internazionale Rifiuti Zero 2025: riflettori puntati sulla moda

Solamente nel 2022, gli Stati membri dell’Unione Europea hanno generato 6,94 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, traducibili in 16 kg di scarti per ogni cittadino. Analizzando in profondità questi dati, vediamo che l’85% dei rifiuti tessili non viene raccolto separatamente, ma anzi finisce nelle discariche e da lì negli inceneritori.

La produzione e il consumo di capi e accessori tessili hanno un forte impatto sull’inquinamento atmosferico e ambientale. Le conseguenze sono preoccupanti: microplastiche rilasciate durante la produzione e il lavaggio dei tessuti, sostanze chimiche tossiche e emissioni nocive che alterano gli equilibri climatici, habitat naturali completamente alterati dall’inquinamento.

Questo sistema non è più sostenibile: la produzione di massa legata alle logiche del fast fashion divora le risorse e accelera la crisi climatica ad una velocità incompatibile con le esigenze del pianeta. 

Moda Zero Waste: ripensiamo al nostro approccio allo shopping per rispettare il pianeta

Data la grande mole di rifiuti prodotti su base annuale, ridurre i PFAS sembra un obiettivo lontano. È necessario cambiare il nostro modello di consumo, interrompendo l’uso non essenziale di prodotti che contengono queste sostanze tossiche.

Come racconta Eva Alessi, responsabile Sostenibilità WWF Italia: “La presenza di PFAS nei tessili ha un impatto sulla possibilità di utilizzare, riutilizzare e riciclare alcuni prodotti tessili. Ridurre l’uso dei PFAS nell’abbigliamento e in altri prodotti tessili è quindi fondamentale se vogliamo aumentare la riciclabilità e la transizione verso un’economia più circolare, riducendo i rifiuti che produciamo”.

WWF Italia ci invita a porre al centro della riflessione i valori dell’economia circolare in modo da ridurre in modo sostanziale l’impatto ambientale determinato dai prodotti tessili. Il cambio di prospettiva si muove su tre direttrici: ridurre gli acquisti e prendersi cura dei capi esistenti, riutilizzare e riciclare con pratiche innovative di upcycling, investire in una produzione sostenibile lontana dalle logiche del fast fashion.

Ridurre e riparare i propri capi

WWF Italia sottolinea l’importanza di acquistare meno e meglio, ponendosi domande prima di arrivare alla cassa: “Ho davvero bisogno di questo capo?”.  In questo scenario la riparazione diventa “un’arte” da recuperare: imparare a rammendare un abito ci permette di prolungarne la vita ed evitare che finisca in discarica.

Riutilizzare e riciclare con l’upcycling

Il secondo focus è incentrato su un approccio creativo al riuso e al riciclo. Il mercato del vintage e dell’usato sta diventando sempre più attraente, specialmente tra le nuove generazioni attente alla sostenibilità. L’upcycling rappresenta la frontiera più innovativa e creativa.

Produzione sostenibile: trasformare la filiera

La produzione di una singola t-shirt di cotone richiede 2.700 litri di acqua. Le aziende fashion devono abbracciare un modello di produzione circolare, investendo in materiali ecologici, riducendo l’uso di sostanze chimiche tossiche, migliorando il trattamento delle acque reflue.

Si tratta di ripensare l’intero ciclo di vita di un capo: dalla scelta delle materie prime fino al fine vita, privilegiando materiali riciclabili, biodegradabili, provenienti da fonti rinnovabili.

Cycloplastic Economy: il MICS – Made in Italy Circolare trasforma dona una nuova vita ai rifiuti di plastica

Le realtà più innovatrici hanno accettato le attuali sfide poste dall’inquinamento legato ai rifiuti tessili per creare delle soluzioni all’avanguardia.

Da rifiuto a risorsa: con il progetto Cycloplastic Economy il destino degli scarti cambia completamente rotta. Promosso dal Consiglio Nazionale delle Ricerche nell’ambito di MICS – Made in Italy Circolare e Sostenibile, il programma coinvolge 38 ricercatori con l’obiettivo di trasformare i residui plastici provenienti da settori chiave come tessile, calzature, arredamento e imballaggio. Guidato dal ricercatore Pierluigi Barbaro, il progetto, avviato nell’aprile 2023 e con conclusione prevista per novembre 2025, coinvolge alcune delle più prestigiose università italiane, tra cui l’Università Federico II di Napoli, l’Università di Padova e il Politecnico di Milano.

L’elemento innovativo del progetto risiede nel riciclo chimico, un processo avanzato che, grazie a tecnologie all’avanguardia come la depolimerizzazione, consente di rigenerare poliesteri, poliammidi e poliuretani.

Cycloplastic Economy punta a ridurre significativamente l’accumulo di plastica nell’ambiente, ridefinendo il ciclo di vita di questi materiali all’interno di settori strategici come moda, farmaceutica e cosmetica.

FAQ Rifiuti moda e tessile

Cosa vuol dire moda zero waste?

La moda zero waste si fonda su un approccio sostenibile alla progettazione dei capi che mira a ridurre al minimo o eliminare del tutto gli scarti tessili durante la produzione. Il concetto di moda zero waste si articola in due approcci chiave: lo spreco zero pre-consumo, che previene gli scarti in fase di produzione, e lo spreco zero post-consumo, che riutilizza materiali esistenti, come abiti di seconda mano o tessuti riciclati.

Quali sono le 3 R dei rifiuti?

Ridurre, Riutilizzare e Riciclare sono le 3 “R” alla base della sostenibilità ambientale. Ridurre significa scegliere con consapevolezza ed eliminare gli acquisti che possono essere superflui. Riutilizzare vuol dire dare nuova vita agli oggetti, prolungandone così il ciclo di vita. Con la terza “R” ovvero Riciclare si intende lo step finale in cui gli scarti si trasformano in preziose risorse tali da poter essere nuovamente utilizzate.

Che cos’ è l’International Day of Zero Waste?

La Giornata internazionale Rifiuti Zero è stata indetta con l’adozione di una risoluzione, il 14 dicembre 2022, da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Sono coinvolti il Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente e il Programma delle Nazioni Unite per gli insediamenti umani. Secondo alcune stime se i rifiuti urbani prodotti in un anno venissero imballati in contenitori standard per la spedizione e disposti uno accanto all’altro farebbero il giro del mondo per 25 volte.

I servizi globali di gestione dei rifiuti – rileva l’Onu – “non sono attrezzati per gestire questa situazione. Ci sono 2,7 miliardi di persone che non hanno accesso alla raccolta dei rifiuti solidi (2 miliardi di queste vivono in zone rurali) e solo il 61-62% dei rifiuti solidi urbani viene gestito in strutture controllate”. Senza “un’azione urgente, la produzione di rifiuti solidi urbani aumenterà fino a raggiungere i 3,8 miliardi di tonnellate all’anno entro il 2050“.

Il miglioramento dei sistemi di raccolta e di riciclo è quindi “una priorità e un’urgenza insieme ad altre forme di corretta gestione dei rifiuti“. Le popolazioni devono risolvere “la crisi cercando di trattare i rifiuti come una risorsa“. E, tanto per cominciare, questo comporta la riduzione della produzione di rifiuti, il riutilizzo e il recupero, e la progettazione (l’eco-design) affinché i prodotti abbiano un ciclo di vita più lungo e a basso impatto ambientale.


Articolo aggiornato – Prima pubblicazione 30/03/2024

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