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Indice degli argomenti Toggle Eolico offshore floating: la parte tecnologica e le potenzialità industriali aperteL’approccio sostenibile del progetto eolico sicilianoEolico offshore nel Mediterraneo: servono infrastrutture industriali idoneiI prossimi passi del parco eolico offshore galleggiante siciliano Via al primo parco eolico offshore floating d’Italia di dimensione commerciale. Come esposto dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, si è conclusa con esito positivo la procedura di Provvedimento Unico in materia Ambientale per questo parco da 250 MW nel Mediterraneo, composto da 21 aerogeneratori da 12 MW, che ricade in diversi Comuni in provincia di Trapani, tra cui Marsala, dalle cui coste dista circa 35 chilometri. Il proponente del progetto è 7Seas Med, una partnership tra GreenIT (joint venture italiana per le energie rinnovabili tra Eni e Gruppo Cdp) e Copenhagen Infrastructure Partners. Il primo, importante, passo per il parco eolico galleggiante siciliano è stato fatto. Ora, cosa succede? Eolico offshore floating: la parte tecnologica e le potenzialità industriali aperte Per comprendere meglio quali saranno le prossime tappe che porteranno il parco eolico offshore floating siciliano dalla teoria alla pratica, abbiamo parlato con l’ingegnere e progettista firmatario del progetto, Luigi Severini. «Innanzitutto si tratta di un parco che conta su soluzioni ingegneristiche di ultima generazione, a partire dalle turbine opportunamente orientate per sfruttare al meglio i venti del Mediterraneo», più deboli di quelli che soffiano nel Mare del Nord, centro dell’eolico offshore d’Europa. Già questa è una peculiarità da segnalare: quale primo impianto di questa portata nel Mediterraneo, segna un avamposto importante che potrebbe aprire una stagione d’oro per l’eolico offshore dell’Italia, capace di concretizzare potenzialità economiche e occupazionali straordinarie, se debitamente sfruttate. La prima, importante, potenzialità è legata all’avvio di un polo industriale in Sicilia: «la Regione, unitamente alle autorità di sistema portuale, ha individuato come sito produttivo il Porto di Augusta. Credo, quindi, che si intenda sviluppare uno dei degli hub necessari per la costruzione dell’impianto eolico», segnala Severini. L’ipotesi siciliana non è l’unica. La realizzazione di impianti eolici in mare apre alla possibilità di creare altri distretti industriali. Un hub per realizzare il progetto 7 Seas Med non servirà soltanto per questo primo impianto, «ma potrà andare a servizio anche di tanti altri progetti che potranno nascere nel Mediterraneo e, volendo, porre le basi per competere anche all’estero – aggiunge Severini –. È un comparto industriale assolutamente nuovo quello dell’eolico galleggiante che consente poi di partecipare a operazioni in tutto il mondo». La nascita di una piattaforma industriale creerebbe le condizioni per creare sinergie virtuose. «Parliamo di opportunità aperte a una costellazione di aziende, ciascuna con la propria specializzazione. Potrebbe gettare le basi per opportunità occupazionali ed economiche che potranno spingersi fino al 2050 e oltre, considerando le cifre in ballo: stiamo parlando di investimenti per miliardi di euro». L’approccio sostenibile del progetto eolico siciliano A livello tecnologico, l’eolico offshore floating può contare su una solida base di conoscenze derivanti dal mondo oil & gas: i primi impianti galleggianti, infatti, sono stati pensati per le piattaforme estrattive di petrolio e gas naturale. Tuttavia, nel caso del progetto eolico offshore floating 7Seas Med si sperimenteranno soluzioni sensibilmente differenti, a cominciare dal sistema di ormeggi. «Le piattaforme petrolifere utilizzano un sistema di ancoraggio a catene. L’ormeggio “a catenaria” utilizza delle catene lunghissime che tengono ancorata la struttura galleggiante sovrastante, anche grazie alle ancore terminali. «Tuttavia, c’è un problema: i galleggianti, e di conseguenza le catene, tendono a muoversi, sotto la spinta delle onde e delle maree. Questo provoca un grave danno ambientale per i fondali», spiega l’ingegnere e progettista. Per ovviare a questa situazione, Severini e il team di progettazione hanno puntato su un sistema di ancoraggio con punti fissi con cavi tesi. «L’ormeggio con cavi tesi mantiene in posizione il galleggiante superiore senza impattare sul fondale. Ciò lo si deve ai pali infissi sul fondale. La struttura superiore può spostarsi leggermente, ma senza incidere sul basamento marino». Si tratta di una alternativa molto sofisticata a livello tecnologico, contando su linee di ormeggio realizzate con materiali innovativi. Tra questi va segnalato il Dyneema, fibra sintetica conosciuta come la più resistente e leggera al mondo, particolarmente adatta alla produzione di cavi da trazione, utilizzata molto nel mondo della vela, soprattutto nelle competizioni. Anche i galleggianti, leggeri e resistenti, sono frutto di una concezione hi-tech. Per la loro realizzazione si è studiata l’architettura navale, pensando alla finalità di garantire stabilità alla torre eolica, evitando quanto più possibile oscillazioni. «C’è poi un ulteriore elemento da segnalare: a differenza degli impianti onshore, quelli in mare aperto sono caratterizzati dall’impiego di turbine di grande potenza. Questo richiede la necessità di realizzare torri costituite da conci dal diametro anche superiore a 10 metri, che sulla terraferma non vengono impiegati perché il trasporto delle parti sarebbe impensabile. Per gli impianti offshore, invece, i componenti vanno realizzati in prossimità delle banchine portuali, da dove possono essere poi portati in mare». È necessario, quindi, approntare delle aree industriali in prossimità del mare, per costruire parti sempre più grandi: le torri raggiungono anche i 300 metri di altezza. Eolico offshore nel Mediterraneo: servono infrastrutture industriali idonei Il parere positivo giunto dal Ministero dell’Ambiente, è solo il primo passo necessario perché il progetto di parco eolico offshore nel mediterraneo si tramuti in realtà. Il percorso è ancora lungo e necessita di aree industriali produttive adeguate a realizzare impianti colossali. L’articolo 8 del Decreto Legge 181/2023 stabilisce che, entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, il MASE pubblichi un avviso per arrivare a individuare, in due porti del Mezzogiorno rientranti nelle Autorità di sistema portuale, “aree demaniali marittime destinate alla realizzazione di infrastrutture idonee a garantire lo sviluppo della filiera relativa agli impianti eolici galleggianti in mare”. L’ipotesi più favorevole vede la riconversione “green” di aree portuali – vedi Brindisi e Civitavecchia – dal carbone all’eolico offshore. I progetti per la realizzazione ci sono già. «Sebbene ci sia un indirizzo politico molto importante, a questo punto occorre però un forte impegno da parte del mondo industriale, in particolare le imprese che si occupano di infrastrutture portuali. L’esigenza attuale è duplice: innanzitutto è necessario adeguare porti esistenti o realizzarne ex novo; successivamente occorre creare aree infrastrutturali caratterizzate da processi volti all’automazione, per contare su un’economia di scala concreta. Dovremmo essere capaci di far evolvere tutto il mondo industriale per raggiungere un livello di efficienza simile, per certi aspetti, a quelli delle catene di montaggio presenti nell’automotive. Serviranno sistemi robotizzati, in grado di ottenere un’elevata velocità di costruzione e una movimentazione ottimizzata di strutture enormi, per dimensioni e peso. Stiamo parlando, quindi, di scenari sconosciuti nei porti nazionali e non solo. È una sfida molto importante per l’industria italiana». I prossimi passi del parco eolico offshore galleggiante siciliano Quanto tempo servirà per vedere il parco eolico offshore floating nel Mediterraneo? «I cronoprogrammi da noi previsti vedono una operatività costruttiva a partire dal 2027, sperando che, nel frattempo, si avvii l’infrastrutturazione dei porti. Tuttavia, ottenuto il decreto di compatibilità ambientale, adesso dovremo avere l’autorizzazione unica alla costruzione dell’esercizio, che dà il via alla fase operativa. Resta però ancora un punto interrogativo, che ci auguriamo venga sciolto a breve, riguardante il sostegno alle rinnovabili. Esso dipende dal DM FER 2 (decreto atteso da agosto 2019, come ricorda il Ritardometro – nda), che consente di concretizzare i business plan, permettendo di capire se gli investimenti previsti possono avere un senso. Il ritardo nell’emissione di questo decreto sta creando parecchie preoccupazioni, anche perché nel frattempo i costi lievitano di giorno in giorno. Soprattutto, si sta saturando la catena di fornitura: in altri Paesi il processo è più rapido e consente alle aziende proponenti di chiudere contratti con i fornitori di turbine. Questo elemento è ancora mancante in Italia». Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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