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A cura di: Giorgio Pirani Le elezioni europee si avvicinano. L’8 e il 9 giugno in Italia e negli altri stati membri dell’Unione Europea si voterà per rinnovare il Parlamento europeo. Una tornata elettorale che si preannuncia importante, con diversi partiti e candidati che hanno fatto della lotta al cambiamento climatico il proprio cavallo di battaglia. Per questo, Italy for Climate, il centro studi della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, ha pubblicato un rapporto dettagliato che smonta i miti sulla transizione energetica e sottolinea il potenziale dell’Unione Europea per mantenere la leadership mondiale nella lotta contro il cambiamento climatico. Obiettivi troppo ambiziosi? No, la crisi climatica peggiora sempre di più Il rapporto, intitolato “Europa, un voto per il clima”, analizza i pregiudizi che vedono la transizione energetica come una minaccia e mette in luce le opportunità che essa offre all’Europa, diventando così un tema centrale del dibattito politico in vista delle prossime elezioni europee. Il rapporto esamina cinque falsi miti riguardanti la transizione energetica. Come la perdita di competitività, con la preoccupazione che l’Unione Europea, accelerando sulla decarbonizzazione, rischi di perdere terreno a livello globale. Molte imprese stanno rivalutando le proprie strategie di investimento, visto che dal 2016 gli investimenti globali nelle energie pulite hanno superato quelli nei combustibili fossili, con 1.700 miliardi di dollari investiti nel 2023 rispetto ai poco più di 1.000 miliardi nei combustibili fossili. Un trend che è destinato a rafforzarsi nel tempo. C’è poi la convinzione che le politiche climatiche che si stanno attuando siano troppo ambiziose e che possono danneggiare l’economia e l’occupazione. Un falso mito che Italy for Climate respinge. “Al contrario, la crisi climatica è la principale minaccia economica e investire nella transizione è vantaggioso – scrive l’associazione della nota – Le azioni necessarie per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 costerebbero l’1-2% del Pil mondiale, ma eviterebbero costi fino al 9% del Pil causati dalla crisi climatica. Inoltre, il settore delle energie pulite ha già superato in occupazione quello dei combustibili fossili e si prevede che continui a crescere”. Italy for Climate afferma inoltre che questi piani “ambiziosi” ci sono perché la crisi climatica sta accelerando più del previsto: secondo gli ultimi dati, è previsto un aumento della temperatura media globale di +1,48°C nel 2023 rispetto al periodo preindustriale. Inoltre, sebbene l’Ue sia l’unico tra i grandi emettitori ad aver ridotto le emissioni dal 1990, non è ancora allineata agli obiettivi di Parigi del 2015, segno che si può e deve fare di più. Cosa può fare l’Unione Europea per arrivare alla neutralità climatica Una tesi smontata da Italy for Climate riguarda il ruolo che può assumere l’Ue per ridurre le emissioni globali. Si pensa che l’Ue possa fare poco o nulla e debba aspettare un accordo globale, ma in realtà l’Unione Europea è il quarto emettitore al mondo e insieme agli altri grandi paesi come Cina, Usa e India produce il 54% delle emissioni globali. L’azione dell’Ue può quindi influenzare significativamente gli equilibri climatici globali. Infine, Italy for Climate smentisce anche l’idea che l’Ue debba adottare un approccio di neutralità tecnologica, evitando obiettivi specifici per le singole tecnologie, è sbagliata. Per affrontare la crisi climatica e raggiungere emissioni nette zero entro il 2050, è necessario fornire una chiara guida agli operatori economici sulle prospettive di crescita e investimento delle diverse tecnologie. “L’Agenzia Internazionale dell’Energia, ad esempio, raccomanda di sospendere la vendita di nuove caldaie a gas entro il 2025 e di fermare la vendita di auto a combustione interna entro il 2035”, afferma l’associazione. I dati italiani: il paese è sotto la media europea nelle emissioni, rinnovabili ed efficienza energetica Italy for Climate ha poi analizzato le performance dell’Italia nella corsa verso la neutralità climatica, paragonandole a quelle degli altri paesi europei. Riguardo alle emissioni, l’Italia ha ridotto il proprio impatto del 20% dal 1990, ma questo risultato è inferiore alla media Ue (-29%). Le emissioni di gas serra nei settori sotto il Regolamento Effort Sharing sono diminuite del 19% in Italia tra il 2005 e il 2022, risultando leggermente migliori della media UE, ma inferiori rispetto a Francia, Spagna e Germania. L’Italia, inoltre, si distingue per essere l’unico grande Paese europeo a non aver rispettato il limite target annuale del 2022. Per quanto riguarda l’efficienza energetica, i risparmi in Italia sono inferiori alla media Ue: nel periodo tra il 2000 e il 2021, l’Italia ha conseguito un risparmio energetico del 19%, risultato che è tra i più bassi dei 27 Paesi Ue, leggermente peggiore della media UE del 20%. Inferiore alla media europea anche anche la quota di energia da fonti rinnovabili in Italia, pari al 19% contro il 23% della media Ue. Infine, l’agricoltura italiana deve affrontare importanti sfide per ridurre le emissioni di gas serra, migliorando le pratiche di gestione del suolo e delle risorse idriche. La vulnerabilità climatica dell’Italia è evidente, con danni economici superiori alla media europea a causa di eventi meteo-climatici estremi, sottolineando l’urgenza di adottare misure di adattamento ai cambiamenti climatici e di ridurre le emissioni di gas serra. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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