CER: a che punto siamo con le comunità energetiche in Italia

Le Comunità Energetiche Rinnovabili, CER, sono una delle principali novità quando si parla di nuovi modelli di produzione e gestione dell’energia. Improntate sull’autoproduzione e sul consumo collettivo, possono essere costituite tra differenti soggetti, con vantaggi ambientali e sociali.

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CER: a che punto siamo con le comunità energetiche in Italia

Una comunità energetica rinnovabile (CER) è un insieme di soggetti che, uniti, producono, condividono e consumano energia rinnovabile prodotta in loco, con l’obiettivo di favorire l’autosufficienza energetica, abbattere i costi di accesso all’energia e, soprattutto, favorire la diffusione dell’energia rinnovabile. Ciò che differenzia le comunità energetiche, abbreviate in CER, dalla “normale” produzione fotovoltaica è che l’approccio e prettamente impostato sul concetto di collettività.

Se ne parla molto più spesso perché, durante lo scorso anno, sono stati messi a punto anche tutti gli strumenti operativi e normativi per assicurare un effettivo sviluppo in Italia. Il PNRR ha poi destinato oltre due miliardi di euro per le comunità energetiche, viste come strumento chiave per la diffusione delle rinnovabili. Sono ancora in molti, però, a non prendere concretamente in considerazione questa possibilità, molto spesso portata avanti da soggetti pubblici, come le Amministrazioni.

Ci si aspetta un grande sviluppo e più volte tecnici e amministratori hanno auspicato una crescita sempre più evidente di CER, ma a che punto siamo oggi?

Che cos’è una CER e come funziona

Una comunità energetica rinnovabile, come anticipato, si compone di un insieme di soggetti che possono essere privati cittadini, aziende o enti pubblici che si uniscono per la produzione e il consumo collettivo e locale di energia pulita.

Che cos’è una CER e come funziona

All’interno di una CER ci sono soggetti produttori, ossia proprietari degli impianti deputati alla produzione di energia, che possono condividere quanto prodotto anche con soggetti che sono esclusivamente consumatori.

Gli impianti installati non sono necessariamente fotovoltaici, per quanto siano i più diffusi, e devono essere all’interno della comunità. Tutta l’energia prodotta viene condivisa e distribuita all’interno dei membri della comunità, ottimizzandone il consumo. La produzione, infatti, è spesso disallineata dal consumo del produttore e in questo modo viene ridistribuita a chi in quel momento ne ha bisogno. Ne derivano, chiaramente, benefici ambientali, ma anche economici e sociali.

Le comunità energetiche in Italia

Secondo l’Electricity Market Report 2024 dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano pubblicato a novembre 2024, in Italia si possono contare 168 iniziative attive per la costituzione di comunità energetiche e di autoconsumo collettivo.

Questo numero, per quanto possa non sembrare ancora significativo, segna una crescita del +89% rispetto all’anno precedente, evidenziando quanto si tratti di un fenomeno indubbiamente nuovo. Piemonte, Lazio, Sicilia e Lombardia ospitano circa la metà delle suddette iniziative.

Al momento, secondo il report, l’interesse è cresciuto molto, ma si è ancora lontani da concreti effetti sul sistema elettrico nazionale. Si tratta per lo più di potenze limitate e nella maggior parte dei casi è l’ente pubblico a farsi promotore della costituzione, favorendo l’aggregazione dei membri. Solo il 21% delle iniziative è promossa da soggetti privati interessati, come aziende del settore, e ancora meno (9%) da privati cittadini.

Electricity Market Report 2024 dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano: i soggetti promotori delle CER

Dati che ben combaciano con quanto riportato da ANIE nel convegno di novembre “L’impatto delle CER sul mercato delle rinnovabili”, che vede nel coinvolgimento delle persone uno degli ostacoli alla diffusione delle comunità energetiche.

Oltre all’aggregazione, si pone anche un tema di investimenti e risorse economiche, tant’è che nel 79% dei casi le iniziative prevedono la presenza di soggetti quali ESCo, Utility o imprese del settore energetico che supportano i promotori investendo negli impianti.

La sostenibilità economica delle CER

L’Energy & Strategy Group pone molto l’attenzione sul tema della sostenibilità economica, potenzialmente vincolo per lo sviluppo.

Per ridurre i rischi, è fondamentale la corretta progettazione delle CER, soprattutto in termini di numeri e tipologia di membri.

La sostenibilità ambientale ed economica delle CER

Sul report si legge che “in un sondaggio effettuato nell’ambito del Rapporto e a cui hanno partecipato 1000 cittadini (tra cui una quota, il 21%, che già partecipa ad una CER) è emerso che l’80% del campione si attende ritorni annui superiori a 100 €/anno, mentre solo il 7% si aspetta di ricevere un valore inferiore a 50 €/l’anno”.

Sono state fatte delle simulazioni per valutare i concreti benefici che, invece, dovrebbero verificarsi e risulta una certa discrepanza con questo sondaggio. È necessario, pertanto, anche un lavoro di indirizzo delle aspettative e di corretta informazione e formazione, in quanto, escluse le finalità puramente sociali, i ritorni economici non possono essere al momento il principale driver di sviluppo.

Il rapporto include un sondaggio sulla partecipazione e l’interesse, da cui emerge che il 54% dei soggetti che non partecipano ad iniziative di questa natura non conoscono il tema.

I piccoli comuni potrebbero giocare un ruolo rilevante

Si parla di piccoli comuni perché per i centri che contano una popolazione inferiore ai 5.000 abitanti ci sono particolari vantaggi economici grazie all’istituzione di specifici incentivi. Le modalità di concessione sono state definite nel Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica n. 414/2023 del 7 dicembre 2023, entrato in vigore a partire da gennaio 2024 (ricordiamo che recentemente è stata prorogata la deadline al 30 novembre).

Questa misura, nota anche come Decreto CACER, gioca sicuramente un ruolo importante nello sviluppo di CER nei piccoli comuni, che oltretutto rappresentano circa il 70% del totale in Italia. Per quanto posa sembrare poco rilevante il contributo dato da comunità energetiche nate in piccoli centri, la loro diffusione potrebbe renderli protagonisti di un concreto cambiamento.

Grazie ai sostegni finanziari previsti, infatti, dovrebbe essere ottimizzato l’impatto economico, con il riconoscimento del GSE per ciascun kWh di energia autoconsumata e per il contributo a fondo perduto che copre fino al 40% delle spese sostenute.

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