Impianto termico o di climatizzazione (invernale/estiva): tipologie, caratteristiche e componenti 26/03/2025
assoRinnovabili prende nuovamente posizione contro il decreto retroattivo “spalma incentivi” e le dichiarazioni rilasciate da Matteo Renzi all’assemblea del PD sul tema delle energie rinnovabili. La norma, denuncia assoRinnovabili, è nata con l’obiettivo di ridurre le bollette alle Piccole e Medie Imprese, ma di fatto taglia le risorse destinate agli impianti solari già funzionanti causando il licenziamento di almeno 10.000 lavoratori proprio delle PMI e rischia di allontanare definitivamente gli investimenti dall’Italia, diminuiti già del 58% dal 2007. “Ci lasciano increduli sia la possibile adozione di tale provvedimento o di un tributo ad hoc (l’ennesimo per il settore), ipotesi entrambe sempre considerate inaccettabili da assoRinnovabili, sia le dichiarazioni che Matteo Renzi ha reso L’unica spiegazione potrebbe essere la difesa degli interessi di alcune lobby e non degli interessi generali del Paese”. Il Governo ha totalmente ignorato le numerose proposte alternative, presentate dall’associazione negli ultimi due mesi che porterebbero al condivisibile obiettivo di abbassare le bollette delle PMI senza affossare il settore, dalla soluzione dell’emissione del bond, alla proposta di dilazione dei pagamenti degli incentivi, che avrebbe sgravato la componente A3 per una cifra di oltre 700 milioni. Il Presidente Emerito della Corte Costituzionale, Valerio Onida, rispetto alla legittimità costituzionale dello “spalma incentivi” obbligatorio, ha dichiarato che un simile provvedimento violerebbe sia le norme costituzionali in materia di retroattività e di tutela dell’affidamento, sia gli obblighi internazionali. “Da un lato, la misura in discussione, qualora approvata, si configurerebbe, infatti, come un intervento su rapporti di durata già cristallizzati in contratti di diritto privato (le convenzioni con il GSE), o comunque su decisioni già assunte dai produttori, che hanno effettuato investimenti e contratto oneri in base a previsioni economiche di cui l’aspettativa dell’incentivo è parte determinante. Ciò risulterebbe in contrasto con i limiti costituzionali alla retroattività delle leggi, con il principio – connaturato allo Stato di diritto e riconducibile agli artt. 3 e 41 della Costituzione – di tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti che hanno avviato un’iniziativa energetica, nonché con l’esigenza di certezza dell’ordinamento giuridico. Dall’altro lato, lo “spalma incentivi” apparirebbe in conflitto con gli obblighi internazionali derivanti dal Trattato sulla Carta Europea dell’Energia (reso esecutivo in Italia con la legge 10 novembre 1997, n. 415), e quindi anche con l’art. 117, primo comma, della Costituzione, poiché violerebbe l’impegno assunto dagli Stati firmatari (tra cui l’Italia) ad assicurare agli investitori “condizioni stabili” oltre che “eque, favorevoli e trasparenti”, per lo sviluppo delle proprie iniziative. Ciò impone che gli investimenti, che devono godere della “piena tutela e sicurezza”, non vengano colpiti da modifiche (in senso deteriore) delle condizioni giuridiche ed economiche in base alle quali sono stati effettuati. I vizi di costituzionalità, conclude il Professor Onida, sussisterebbero anche nell’ipotesi in cui venisse prolungata la durata dell’incentivo, a compensazione della riduzione del suo valore. Secondo l’autorevole costituzionalista, infatti, “un credito non ha lo stesso valore quale che sia il tempo in cui viene soddisfatto”. Inoltre, se l’investimento (come accade nella maggioranza dei casi) è finanziato da un credito bancario, la misura, incidendo autoritativamente su tale rapporto, potrebbe rendere impossibile per i produttori far fronte agli impegni assunti con gli istituti di credito”. assoRinnovabili sottolinea che tali censure di illegittimità sussisterebbero anche nel caso in cui i produttori fossero costretti dal decreto a scegliere tra una norma “spalma incentivi”, apparentemente volontaria, e un’ulteriore imposta (che dalle ipotesi che circolano potrebbe addirittura avere i ricavi come base imponibile). In ogni caso, se il decreto legge fosse promulgato, l’Associazione crede seriamente che la Corte Costituzionale nei prossimi anni sarebbe investita di centinaia, forse migliaia, di ricorsi. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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