Batterie per la transizione energetica: in Italia c’è bisogno di creare una filiera

In Campania nascerà la prima (e unica) gigafactory italiana per la realizzazione di batterie al litio. Ad avviarla è FIB, società del Gruppo SERI Industrial, che opera a marchio FAAM. Federico Vitali, fondatore di FAAM e vicepresidente di FIB, evidenzia esigenze attuali e prospettive future

A cura di:

Batterie per la transizione energetica: in Italia c’è bisogno di creare una filiera

In provincia di Caserta si sta costruendo il presente e il futuro delle batterie per la transizione energetica. A Teverola, nell’ex area industriale ex Whirpool, procede la realizzazione della prima, e finora unica, gigafactory italiana, ed è già stato avviato l’impianto Teverola 1 per la produzione di celle, moduli e pacchi batteria al litio. Qui si sta lavorando alla produzione, a partire dall’anodo e dal catodo, di batterie litio-ferro-fosfato (LFP).

“Teverola 2” è il passo successivo: in questo impianto si attiverà il primo cluster tecnologico per la produzione di batterie al litio in Italia ed in Sud Europa con una capacità produttiva di circa 8 GWh all’anno. Non solo: qui è già compresa una linea pilota per il riciclo delle batterie a fine vita e per il recupero della materia attiva. Il progetto della gigafactory è stato approvato dal programma IPCEI, fondo dedicato a Importanti Progetti di Comune Interesse Europeo.

Federico Vitali, fondatore di FAAM«Si stanno definendo tutti i dettagli del caso e puntiamo ad entrare in produzione entro il 2026», spiega Federico Vitali, fondatore di FAAM, società nata nelle Marche nel 1974, acquisita nl 2013 da FIB del gruppo Seri Industrial, specializzata nella produzione di batterie, e attuale vicepresidente di FIB – FAAM Brand.

Batterie per la transizione energetica: un esempio italiano di “folle innovazione”

È da 50 anni che FAAM realizza sistemi di energy storage e che guarda avanti. Lo dimostra il fatto che già dal 2019 ha avviato investimenti per produrre celle LFP Water Based, soluzioni a base d’acqua che non impiega solventi chimici. È una scelta all’insegna della sostenibilità, non nuova per questa società certificata ISO 14001 già nel 1999, prima azienda in Europa a dotarsi della registrazione Emas nel settore degli accumulatori. «Quando abbiamo deciso di puntare sulla tecnologia LFP Water Based ci dicevano che eravamo folli. Mi hanno dato del matto anche nel 1991 quando dicevo che il futuro sarebbe stato dei veicoli elettrici…»

Quella visione, unita alla vocazione imprenditoriale (che gli hanno valso, tra l’altro, la nomina a Cavaliere del Lavoro) ha reso il brand FAAM noto con 50 anni di storia. Oggi, grazie all’impegno di SERI Industrial, produce batterie al piombo acido per uso stazionario, trazione e avviamento, oltre che occuparsi della progettazione e costruzione di impianti per il recupero di batterie a fine vita. Già nella seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso, l’azienda si è occupata della tecnologia fuel cell, mentre da vent’anni lavora sulla tecnologia al litio, operando sia su soluzioni di accumulo per le fonti rinnovabili sia sull’emobility (veicoli commerciali e applicazioni per carrelli elevatori elettrici, sollevatori telescopici, gru, per esempio), realizzando così batterie per la transizione energetica. Non solo: quasi sicuramente la nuova generazione di sottomarini italiani sarà dotata di batterie agli ioni di litio realizzate da FAAM.

Cavalier Vitali, a che punto siamo a livello europeo per creare le basi per una filiera dell’emobility italiana?

«Possiamo dire che oggi c’è finalmente una presa di coscienza a livello UE che sta spronando le imprese a investire e ad attivarsi in questo settore. Certo, c’è bisogno di creare una filiera. Per questo stiamo stimolando altre imprese a investire in questo settore perché c’è tutta una filiera da realizzare».

A proposito di batterie per la transizione energetica, a che punto è la gigafactory di Teverola?

«All’impianto “Teverola 1” stiamo producendo celle LFP water based e possiamo già contare su una stabilità del prodotto eccellente.

Batterie per la transizione energetica: l'esempio italiano di FAAM
In “Teverola 2” si lavorerà sicuramente su LFP (litio-ferro- fosfato) e magari LMFP (litio-manganese-ferro-fosfato). Ci teniamo a confermare, la nostra visione nichel e cobalt free. Al di là di tutto, siamo un esempio che anche in Italia le cose si possono fare, potendo unire innovazione e sostenibilità».

Su quali materiali si punterà per le batterie del futuro?

«La nostra visione sulle celle LFP water based non derivava da qualcosa di eccezionale, ma solo dall’accurata valutazione dell’efficienza energetica, e dell’attenzione per l’ambiente che deve essere rispettato se si vuole realizzare qualcosa di veramente innovativo. Per questo ci siamo focalizzati sul litio, puntando in particolare sullo storage, sulla mobilità industriale e per il trasporto pubblico. Detto questo, sul futuro stiamo guardando con molta attenzione anche al sodio».

A proposito di fare filiera, un esempio positivo è quello che riguarda nuovi sottomarini italiani U212 NFS (Near Future Submarine). Come si è riusciti?

«Siamo in fase contrattuale e quindi tutto può succedere, ma certo il punto a cui si è arrivati è un esempio decisamente positivo cui molti player europei hanno guardato con attenzione perché hanno visto che la soluzione proposta dal sistema Italia è la più innovativa e completa. Questo buon esempio è il frutto di una stretta collaborazione tra Marina militare, Fincantieri (esperta di produzione di sommergibili) e FAAM quale produttore di batterie».

FAAM ha puntato per anni sulle fuel cell. Quale futuro reputa per questo tipo di tecnologia soprattutto se alimentate con idrogeno verde?

«Credo che le batterie e il sistema di produzione energetica con fuel cell con idrogeno siano complementari. Quindi esiste sicuramente un’area in cui quella tecnologia potrà e dovrà svolgere un ruolo importante. Trovo però sbagliato il pensiero prevalente in Italia che si debba guardare solo alle fuel cell e misconoscere la produzione dei sistemi di accumulo litio, lasciando il monopolio all’Asia.

È un errore che non ci si deve permettere: sull’innovazione delle soluzioni di accumulo, sulle batterie per la transizione energetica si può fare ancora tanto. Chi è più bravo, chi saprà meglio mettere a frutto innovazioni che riguardino la capacità di essere predittivi, soprattutto in ambito di efficienza e sicurezza, sarà destinato ad avere un ruolo sempre maggiore nel prossimo futuro».

A proposito di FAAM e STMicroelectronics: su quali temi avete trovato punti di interesse per sviluppi prospettici?

«Un aspetto fondamentale per le batterie, come già detto, è la predittività, ossia conoscere come si comporterà la batteria nell’arco della sua vita, sotto l’aspetto del rendimento, della sicurezza, dell’efficienza e delle possibili anomalie. Nel progetto al vaglio con ST ci sono le condizioni per avviare un’innovazione importante, portandola avanti in collaborazione, facendo sistema».

Nel futuro della gigafactory quale spazio avrà la parte dedicata al riciclo delle batterie?

«Avrà uno ruolo fondamentale. Tutte le gigafactory si doteranno una propria struttura di riciclo interna. Noi l’abbiamo prevista all’origine e credo che tale considerazione sia stato uno dei punti che la Commissione europea ha percepito positivamente e che ha contributo a premiare il nostro progetto (con 417 milioni di euro di contributi a fondo perduto a valere sul Fondo IPCEI – nda). Intanto, nel processo produttivo si ha già una produzione elevata di scarti che vanno recuperati immediatamente. Inoltre, tutta la filiera fa parte del nostro modo di pensare. Lato batterie piombo acido siamo attori riconosciuti nella produzione e nel riciclo. Da queste batterie recuperiamo sia il piombo che la plastica, rimettendoli sul mercato. Ricordo a questo proposito che SERI Plast, del gruppo Seri Industrial, è tra i più grandi produttori di componenti plastiche per batterie in Europa, fornendo tutti i competitor, ed essendo attiva sia nella produzione sia nel riciclo di materiali plastici per il mercato delle batterie e dell’automotive. Non solo: infatti, ha recentemente creato una joint venture con Unilever per la produzione di polimeri plastici riciclati da packaging a fine vita».

Quali obiettivi vi siete dati per la gigafactory in termini di riciclo?

«Il progetto iniziale prevede 50 tonnellate giorno. Tutti gli obiettivi fissati dalla Commissione europea dal nostro punto di vista costituiscono la base, ma non l’arrivo. Contiamo, infatti, non solo di realizzarli, ma di superarli. Per quanto riguarda LFP, riteniamo che si possa riutilizzare la componente attiva, passando direttamente al riutilizzo nella fase di coating, ovvero del rivestimento degli elettrodi, per questo c’è tanto lavoro ancora da fare ma ci stiamo lavorando anche con diverse università».

Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici

Commenta questo approfondimento



Tema Tecnico

Le ultime notizie sull’argomento



Secured By miniOrange