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Indice degli argomenti Toggle Rinnovabili, quali sono le aree idoneeEnergia green, la ripartizione delle regioniLe prime critiche: il decreto “penalizza” l’eolico L’attesa per il decreto sulle aree idonee ad ospitare gli impianti di energia rinnovabile potrebbe essere finita. A seguito dell’intervento alla Camera del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, ha iniziato a circolare la bozza che anticipa il testo definitivo, sul quale dovrà esprimersi la Conferenza Unificata. Il decreto si pone come obiettivo il raggiungimento di 80 nuovi GW di capacità rinnovabile entro il 2030 con assegnazione della potenza minima da raggiungere in ciascuna regione. L’obiettivo più ambizioso è assegnato alla Sicilia, che già oggi detiene il primato. Oltre ai criteri di individuazione delle aree idonee per le rinnovabili, il decreto istituisce un Osservatorio nazionale con l’obiettivo di vigilare e supportare le regioni nel raggiungimento degli obiettivi. L’obiettivo di questa e di altre misure che stiamo portando avanti è quello di eliminare i colli di bottiglia emersi in questi anni. Così il Ministro Pichetto Fratin in merito al nuovo decreto. Ma non sono mancate le critiche, soprattutto riguardo ai criteri di individuazione delle aree idonee, da molti considerati “eccessivamente stringenti”. Rinnovabili, quali sono le aree idonee Nella bozza che sta circolando e che anticipa il decreto è stabilito lo schema con il quale saranno individuate le aree idonee del territorio nazionale per l’installazione di fonti di energia pulita. Il testo, inoltre, contiene le quote di Burden Sharing, in altre parole la ripartizione regionale fino al raggiungimento di 80 GW entro la fine del decennio. Sono considerati nel conteggio gli impianti entrati in esercizio a partire dal 1° gennaio 2022, cioè: il quaranta per cento della potenza nominale degli impianti a fonti rinnovabili off-shore di nuova costruzione entrati in esercizio dal 1° gennaio 2022 al 31 dicembre dell’anno di riferimento le cui opere di connessione alla rete elettrica sono realizzate sul territorio della Regione o provincia autonoma. Riporta la bozza. Per il momento le zone interessate sembrerebbero essere: cave e miniere non recuperate o abbandonate siti dove sono già installati impianti della stessa fonte beni immobili, individuati dall’Agenzia del demanio beni statali siti e impianti nella disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonché delle società concessionarie autostradali siti e impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale Limitatamente agli impianti fotovoltaici, sono considerate aree idonee i terreni agricoli a non più di 500 metri da zone industriali, artigianali e commerciali, le cave, le miniere, le aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, le aree adiacenti alla rete autostradale entro i 300 metri. Energia green, la ripartizione delle regioni La bozza del decreto individua criteri e obiettivi delle singole regioni in tema di energia rinnovabile. Il testo al momento è al vaglio della Conferenza Unificata Stato-Regioni che si esprimerà sulla loro fattibilità. Fermo restando che l’obiettivo nazionale è di 80 GW al 2030, ogni regione avrà una ripartizione differente. La Sicilia è la regione che dovrà installare più Gigawatt (10,3), al secondo posto la Lombardia (8,7), terza la Puglia (7,28), a seguire l’Emilia-Romagna e la Sardegna (6,2 per entrambe), poi il Veneto (5,76). Per quanto concerne le modalità di conseguimento di tali obiettivi, regioni e province autonome dovranno individuare con leggi regionali le superfici e le aree idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto. Le prime critiche: il decreto “penalizza” l’eolico La bozza diffusa dal ministro Pichetto Fratin arriva dopo oltre un anno dalla data preannunciata. Ma, oltre al ritardo, diverse associazioni di categoria hanno sollevato alcune critiche. In primis i criteri “troppo stringenti” per l’installazione del fotovoltaico, dell’agrivoltaico e dell’eolico nelle aree considerate idonee. Per quanto riguarda l’eolico la bozza del decreto, secondo quanto anticipato, individua come idonee le zone con ventosità tale da garantire una producibilità maggiore di 2.250 ore annue. Criterio, anche questo, considerato troppo stringente. Un secondo aspetto negativo – secondo l’ANEV – è la distanza minima di 3 km tra i beni sottoposti a tutela e gli impianti eolici (requisito che limita fortemente il numero delle aree adatte). Auspichiamo che il testo del DM sulle aree idonee possa vedere corretti questi elementi che altrimenti ne vanificherebbero l’efficacia per il settore eolico. Come ribadiamo da anni, se questi sono gli strumenti di cui il Governo si vuole dotare per dare attuazione agli obiettivi del Pniec e del provvedimento europeo Fit for 55, bisogna che gli stessi siano applicabili alle tecnologie alle quali si rivolgono. L’Italia ha intrapreso, almeno sulla carta, la strada della decarbonizzazione, la recente bozza del PNIEC indica un importante obiettivo per l’eolico, ma gli strumenti continuano ad essere insufficienti. Questa occasione di semplificazione è troppo importante per trovarci tra un anno a dirci che in effetti un paio di errori tecnici ne hanno reso inefficace l’applicazione per l’eolico, per una volta possiamo agire prima e nostro compito è segnalarlo. Questa la dichiarazione di Simone Togni, Presidente dell’ANEV, dopo l’intervento del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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