Italy for Climate: l’acqua in Italia in un clima che cambia

La 4° Conferenza Nazionale sul Clima ha puntato i riflettori sul tema delle risorse idriche nel nostro Paese. L’Italia è terza in Europa per disponibilità d’acqua, ma allo stesso tempo presenta i più alti livelli di stress idrico.

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Italy for Climate: l’acqua in Italia in un clima che cambia

Viviamo in un’epoca di anormalità climatica permanente, dove le temperature elevate hanno contribuito a modificare il ciclo dell’acqua. Le conseguenze disastrose del climate change sono sotto gli occhi di tutti: l’aumento di temperatura ha modificato l’intensità e la frequenza degli eventi meteoclimatici i cui danni sono sempre più ingenti. Per comprendere le ripercussioni del cambiamento climatico non dobbiamo viaggiare dall’altra parte del globo: pensiamo alla recente alluvione in Emilia-Romagna e ai lunghi periodi di siccità che colpiscono diverse aree dell’Italia.

Nel nostro Paese i fenomeni a carattere eccezionale sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni, fino a superare nel 2022 per la prima volta il valore record di 2.000 episodi all’anno.

Secondo l’analisi dell’IPCC: “Il cambiamento climatico ha ridotto la sicurezza alimentare e ha impattato sulla sicurezza idrica, a causa del cambiamento nel pattern di precipitazioni, nella riduzione e perdita di elementi criosferici, nell’intensità e nella maggiore frequenza degli eventi climatici estremi. Il tema dell’acqua ha sempre più un ruolo centrale nel dibattito legato al climate change: la crisi climatica in Italia sta già portando ad aumentare i momenti in cui ci sarà troppa o troppo poca acqua aumentando le differenze tra le diverse aree del territorio”.

“L’acqua in Italia in un clima che cambia” è stato il focus del Dossier presentato durante la 4° Conferenza Nazionale sul Clima promossa da Italy For Climate con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, della Commissione Europea e di Rai per la Sostenibilità. Nel corso  dell’evento – tenutosi a Roma il 5 luglio – esperti, rappresentanti delle aziende e delle istituzioni hanno analizzato l’impatto di questi eventi sull’economia, salute e ambiente.

Il bilancio idrico in Italia

Durante la Conferenza è stata posta una semplice domanda: “di quanta acqua disponiamo in Italia?”. La risposta non è stata per nulla scontata: solo di recente l’ISPRA ha ricostruito una serie storica estesa del bilancio idrico del Paese. Dall’analisi del trentennio che va dal 1991 al 2020, l’input di acqua annuo in Italia dato dall’insieme delle precipitazioni è stato di 285 miliardi di metri cubi.

Il bilancio idrico in Italia
Andrea Barbabella responsabile scientifico di italy for climate

Il Paese gode di una buona disponibilità di acque: l’Italia è terza in Europa per disponibilità di risorse idriche con circa 130 miliardi di metri cubi disponibili annualmente. Sfortunatamente l’acqua non è un bene infinito e, secondo l’ISPRA, gli ultimi decenni sono stati segnati da una progressiva riduzione della disponibilità media annua con una diminuzione di circa il 20% di risorse idriche. Sempre secondo ISPRA, questo trend sarebbe destinato a rafforzarsi e a peggiorare negli anni a causa del cambiamento climatico. Le risorse disponibili potrebbero ridursi in breve tempo del 40% con punte del 90% in alcune zone del Sud Italia.

E anche se appare chiaro quanto l’acqua sia fondamentale per il benessere degli ecosistemi, siamo il Paese con il più alto livello di stress idrico in Europa. In Italia si registrano livelli record legati al prelievo dell’acqua con quasi 40 miliardi di metri cubi l’anno.

Prelievo d'acqua: quasi 40 miliardi di metri cubi l’anno in Italia

Oltre all’uso che se ne fa per agricoltura (41%), industria (20%) e produzione di energia elettrica (15%) gran parte delle risorse sono prelevate per usi civili. Secondo quanto riportato nel Dossier di Italy for Climate il settore civile è responsabile di quasi il 24% dei prelievi idrici: si è superata da alcuni anni la soglia dei 9 miliardi di m3 e rispetto al 2000 sono cresciuti di circa quasi il 70%. Ma quanto consuma il singolo abitante? Nel Dossier si parla di 150 metri cubi di prelievi pro capite all’anno, un valore quasi raddoppiato rispetto alla media dei cittadini europei.

Durante la Conferenza si è affrontato anche il tema, ormai noto anche ai non addetti ai lavori, delle perdite idriche nella rete di distribuzione in Italia. Il problema rimane tutt’ora irrisolto: come sottolinea l’ISTAT, ben il 42% dell’acqua che viene prelevata a fini civili non arriva a destinazione, con valori anche significativamente più alti nelle grandi Isole. Ad aggravare lo scenario è il fatto che le perdite idriche non si siano ridotte nel tempo ma, al contrario, sono aumentate passando dal 33% di fine anni ’90 al 40% dei giorni d’oggi.

Le dieci proposte di Italy For Climate

“Siamo oramai entrati in una fase di anormalità climatica permanente – ha dichiarato Andrea Barbabella, Responsabile scientifico di Italy for Climateche ha già modificato il ciclo dell’acqua, aumentando frequenza e intensità di eventi meteoclimatici estremi. L’Italia, al centro dell’hot spot climatico del bacino Mediterraneo, è un Paese più a rischio di altri, con aumento di temperatura di quasi 3 °C rispetto al periodo pre-industriale, a fronte di una media mondiale di +1,1 °C. Viviamo in un territorio particolarmente fragile, in cui 12 milioni di persone vivono in aree che potrebbero essere soggette ad alluvioni e vediamo aumentare ogni anno gli eventi di precipitazioni a carattere eccezionale. Come collettività dobbiamo comprendere con urgenza il nesso tra la crisi climatica e i rischi di un ciclo idrico sempre più sotto stress, mettendo in campo interventi straordinari di mitigazione e adattamento”.

Italy For Climate si impegna proponendo 10 linee di azione concrete per affrontare la crisi idrica in corso:

  1. Aggiornare e rendere più incisive le misure di mitigazione e di adattamento
  2. Aumentare l’impegno climatico: tagliare le emissioni nette del 58% al 2030 (rispetto al 1990) e raggiungere la neutralità climatica al 2045. Per far questo, tra le altre cose, si deve spingere sulle rinnovabili e, tra queste, sfruttare a pieno il potenziale dell’idroelettrico
  3. Adottare una Legge per il Clima
  4. Migliorare il livello di conoscenza delle risorse idriche in Italia, con un quadro aggiornato di tutti i settori
  5. Rinnovare le infrastrutture e tagliare le perdite di rete, oggi pari al 42% del prelievo per uso civile
  6. Promuovere un uso più efficiente e circolare dell’acqua in agricoltura
  7. Promuovere l’uso efficiente e circolare dell’acqua nelle industrie, agevolando gli investimenti
  8. Verificare gli aggiornamenti dei Piani di gestione del rischio alluvioni
  9. Valorizzare soluzioni basate sulla natura: è necessario che vi siano aree o casse di espansione controllata delle piene e che i fiumi possano espandersi maggiormente nei loro corsi naturali
  10. Valorizzare il ruolo delle città: possono contrastare le ondate e le isole di calore aumentando le infrastrutture verdi; possono contribuire a ridurre i rischi di alluvione, riducendo le impermeabilizzazioni di aree urbane e di parcheggi.

Nella fase conclusiva della conferenza non è mancato il dibattito sul Piano Energia e Clima presentato a Bruxelles, al momento ancora in fase di bozza. Il nuovo PNIEC si pone come obiettivo quello di realizzare una nuova politica energetica per il Paese assicurando la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

Alla luce della roadmap proposte da Italy For Climate, Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile definisce il Piano Energia e Clima come “poco ambizioso”.

“Per ridurre l’impatto di alluvioni e siccità è necessario contribuire a rallentare il riscaldamento globale che le alimenta, tagliando le emissioni di gas serra, e aggiornare e rendere operative misure di adattamento” – commenta Edo Ronchi. “La proposta di nuovo Pniec inviata a Bruxelles è poco ambiziosa: punta ad un taglio solo del 45% delle emissioni di gas serra al 2030 (rispetto ad una media europea del 55%) in 40 anni dal 1990, lasciando un altro 45% (per arrivare al 90%) ai successivi 20 anni; sottovaluta le potenzialità di crescita delle rinnovabili elettriche, della penetrazione elettrica, dell’efficienza energetica degli edifici e di una mobilità più elettrica e con meno auto”.

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