Attenti alla povertà energetica

La povertà energetica è la sfida da affrontare all’interno del percorso di transizione energetica in corso, con un approccio che possa permettere anche alle popolazioni più vulnerabili di “tenere il passo” della trasformazione in atto. Un discorso che riguarda anche alcuni fra i più grandi Paesi europei, Italia inclusa

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Combattere la povertà energetica a sostegno della transizione

La condizione di povertà energetica colpisce milioni di famiglie in Europa minando l’equità sociale in una fase delicata di transizione, segnata da nuove politiche energetiche, da una situazione climatica in costante cambiamento e – anche – da uno scenario geopolitico in evoluzione e non privo di criticità.

Eppure nella conoscenza del fenomeno le difficoltà non mancano, perché ancora oggi non sono disponibili indicatori comuni alla scala europea che consentano di raccogliere dati e informazioni omogenei ai fini statistici e, quindi, di orientare in modo efficace le politiche comunitarie e degli Stati membri per la risoluzione dei problemi.

I numeri della povertà energetica in uno studio

Lo studio Un’analisi della povertà energetica nell’Unione Europea, di Abreham Adera, Luciano Lavecchia, Raffaele Miniaci e Paola Valbonesi, edito per gli Occasional Papers – Questioni di economia e finanza della Banca d’Italia, ha provato a mettere nero su bianco un profilo aggiornato dello scenario internazionale, a partire dall’uso di dati armonizzati dall’indagine UE sul bilancio delle famiglie (EU-HBS) per gli anni 2010, 2015 e 2020.

I numeri della povertà energetica in uno studio della Banca d'Italia

A questi si affianca la valutazione di indicatori alternativi basati sulla spesa, fra i quali una versione modificata dell’approccio Low Income High Cost (LIHC) che identifica le condizioni nelle quali la spesa famigliare, al netto dei costi energetici, si trova al di sotto di una certa soglia di povertà, mentre di contro la spesa per l’energia supera un limite prestabilito.

Che cos’è la povertà energetica

Secondo l’Unione Europea, in particolare con la direttiva sull’efficienza energetica UE/2023/1791, il concetto di povertà energetica si traduce come

“mancanza di accesso di una famiglia a servizi energetici essenziali, laddove tali servizi forniscano livelli di base e standard dignitosi di vita e salute, tra cui riscaldamento, acqua calda, raffreddamento, illuminazione ed energia adeguati per alimentare gli elettrodomestici, nel contesto nazionale pertinente, nella politica sociale nazionale esistente e in altre politiche nazionali pertinenti, causata da una combinazione di fattori, tra cui almeno la non accessibilità economica, un reddito disponibile insufficiente, un’elevata spesa energetica e una scarsa efficienza energetica delle abitazioni“.

Servono indicatori armonizzati

Attualmente, il principale indicatore utilizzato più comunemente consiste nella percentuale della popolazione totale che non può permettersi di mantenere le proprie abitazioni riscaldate in modo adeguato, sulla base delle statistiche europee sul reddito e le condizioni di vita definite dal sistema statistico EU-SILC, Statistics on Income and Living Conditions, che costituisce una delle principali fonti di dati per i rapporti periodici dell’Unione Europea in merito alla situazione sociale e alla diffusione della povertà nei Paesi membri. Ricordiamo che il Goal 1 dell’Agenda 2030 è proprio dedicato a sconfiggere la povertà (anche quella energetica).

Una rappresentazione della povertà energetica

Un dato, quello della “casa calda”, che da solo non basta. Ma come definire, concretamente, allora, la povertà energetica in modo univoco a scala europea? A oggi, infatti, è ancora mancante una corrispondente misura armonizzata che possa essere utilizzata in modo coerente in tutti gli Stati membri.

Un passo avanti lo ha fatto la Raccomandazione (UE) 2020/1563 della Commissione europea che suggerisce tredici indicatori, “disponibili presso l’Ufficio statistico dell’Unione europea e l’Osservatorio europeo della povertà energetica, dove gli Stati membri possono consultarli al fine di valutare i livelli nazionali di povertà energetica”.

A sostegno degli Stati membri la Commissione fornisce orientamenti sull’interpretazione di questi indicatori elaborati a livello europeo per quantificare meglio la nozione di “numero significativo di famiglie in condizioni di povertà energetica” individuate in base alle definizioni nazionali di povertà energetica secondo la “EU Guidance on Energy Poverty“.

Spesa, reddito e non solo

Gli indicatori possono essere suddivisi in quattro gruppi.

Il primo riguarda gli indicatori che comparano la spesa per l’energia al reddito: questi indicatori quantificano la povertà energetica comparando l’importo speso dalle famiglie per l’energia a una misura del reddito (ad esempio percentuale o numero di famiglie che spendono più di una data quota del reddito disponibile per i servizi energetici domestici).

Il secondo gruppo si riferisce agli indicatori basati sull’autovalutazione, secondo cui le famiglie, interpellate direttamente, indicano quanto si sentono in grado di far fronte alle spese per l’energia (ad esempio capacità di riscaldare a sufficienza la propria abitazione d’inverno e raffrescarla d’estate).

Il terzo gruppo di indicatori comprende quelli basati su misurazioni dirette: questi indicatori misurano variabili fisiche per determinare l’adeguatezza dei servizi energetici (ad esempio temperatura ambientale).

Ultimo gruppo, gli indicatori indiretti: questi indicatori misurano la povertà energetica mediante fattori connessi, quali gli arretrati nel pagamento delle bollette, il numero di sospensioni della fornitura e la qualità degli alloggi.

Lo scenario europeo

I dati elaborati dall’analisi pubblicata da Banca d’Italia consentono, comunque, di tracciare la situazione della povertà energetica a livello europeo, basandosi in particolare sui dati di indagine sul bilancio delle famiglie (HBS) degli anni 2010, 2015 e 2020. Gli anni considerati coprono un determinato arco di tempo e un certo numero di paesi, per un’analisi che, si legge nel documento, “ha evidenziato diverse difficoltà dovute alla mancanza di armonizzazione nell’indagine e al trattamento inadeguato dei dati dopo la raccolta”.

Secondo lo stimatore proposto dai ricercatori, nel 2020, anno più recente disponibile, l’11,7% delle famiglie nell’UE-16, pari a 30,9 milioni di famiglie, era in povertà energetica.

Povertà energetica, lo scenario in Europa elaborato dalla Banca d'Italia
Fonte Banca d’Italia

Per quanto riguarda l’analisi a livello nazionale, sembra – si legge – che Francia, Germania e Spagna, nonché Bulgaria, Romania e Finlandia, siano tra i Paesi europei più esposti . In alcuni Paesi e anni, la povertà energetica ha colpito più di un terzo della popolazione; per esempio nel 2010 il 32,3% in Bulgaria, nel 2015 il 41,6% a Malta e il 33,1% in Finlandia, nel 2020 il 35,5% sempre in Finlandia.

Povertà energetica anche per i “grandi”

Concentrandosi sui quattro Stati membri più grandi, l’analisi mette in luce come Germania, Spagna e Francia hanno avuto percentuali più elevate di famiglie in povertà energetica rispetto alle medie ponderate UE-16 e UE-23 sia nel 2010 che nel 2015.

Nel 2020, questa tendenza è proseguita per la Germania e la Spagna, mentre non ci sono dati disponibili per la Francia nello stesso anno.

L’Italia è rimasta costantemente al di sotto delle medie UE-23/16. Da sottolineare come l’Italia si distingua come l’unico paese in cui le convinzioni soggettive, misurate dalla domanda “adeguatamente caldo” del sondaggio EU-SILC, hanno un valore più elevato rispetto all’indicatore oggettivo M_LIHC_EU considerato. Inoltre, un’analisi delle due sottocomponenti, ovvero i bassi redditi e alti costi (LIHC) e la povertà energetica nascosta, indica come la componente della povertà energetica nascosta è significativa in tutti i principali Paesi e anni. Ciò significa, sottolineano i ricercatori, che una quota considerevole di famiglie, la cui spesa totale equivalente è al di sotto della mediana e la cui spesa per il riscaldamento è pari a zero, è sostanziale, rappresentando circa un quinto della popolazione in Spagna e Francia. Mentre l’adozione relativamente più elevata di elettricità per il riscaldamento degli ambienti può spiegare i risultati per la povertà energetica nascosta in Francia, e ancora di più in Finlandia e Svezia, lo stesso non si può dire per Germania e Spagna. Una possibile spiegazione è che i costi di riscaldamento potrebbero essere inclusi nell’affitto, il che potrebbe rendere difficile per alcune famiglie separare le due spese. Di conseguenza, evidenzia l’analisi, potrebbe esserci una sottostima delle spese di riscaldamento. Inoltre, alcuni casi di zeri segnalati potrebbero derivare da imputazioni dovute a mancata risposta o da famiglie che generano la propria energia (ad esempio, tagliando la legna).

La situazione italiana

Il Piano nazionale energia e clima del 2020 definisce la povertà energetica come “la difficoltà ad acquistare un paniere minimo di beni e servizi energetici oppure come la condizione per cui l’accesso ai servizi energetici implica una distrazione di risorse (in termini di spesa o di reddito) superiore a quanto socialmente accettabile”.

Ma quali sono gli strumenti a oggi disponibili per misurarne la portata?

Con il decreto n.131 del 29 marzo 2022, il ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica (allora dicastero alla Transizione ecologica) ha istituito l’Osservatorio nazionale della povertà energetica, con lo scopo di dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 210.

Secondo quanto riporta il decreto all’articolo 1, fra le diverse funzioni l’Osservatorio propone al ministero e all’Autorità di regolazione per energia reti ambiente le misure di contrasto alla povertà energetica, anche attraverso la promozione di azioni di comunicazione, formazione e assistenza a soggetti pubblici ed enti rappresentativi dei portatori di interesse, svolge attività di studio, analisi e supporto tecnico per la progettazione e l’attuazione di misure riguardanti il contrasto alla povertà energetica, ed effettua con cadenza biennale il monitoraggio del fenomeno della povertà energetica a livello nazionale, anche ai fini della comunicazione integrata sulla povertà energetica di cui all’articolo 24, del regolamento (UE) 2018/1999, agevolando il coordinamento delle misure a livello nazionale.

Povertà energetica in aumento

Della ricerca, informazione e divulgazione in merito al fenomeno della povertà energetica si occupa l’Oipe, l’Osservatorio italiano sulla povertà energetica (OIPE) nato dall’iniziativa di un network informale di ricercatori ed esperti provenienti da università italiane e straniere, enti e istituti pubblici e privati, centri di ricerca e realtà del terzo settore e parte del “Centro studi di Economia e Tecnica dell’Energia Giorgio Levi Cases” dell’Università di Padova.

Proprio dall’Oipe arriva un quadro più approfondito della situazione italiana, che tiene conto di diversi fattori come l’evoluzione della domanda di energia, dei prezzi e della spesa legata sia a fattori climatici, sia a fattori geopolitici che incidono sui costi della materia prima energetica.

L’analisi La Povertà Energetica in Italia nel 2023, presentata dall’Oipe a dicembre dello scorso anno, indica come nel 2023 la spesa energetica media delle famiglie italiane si è ridotta del 6,4 per cento, attestandosi a circa 1.800 euro, 120 euro in meno rispetto al 2022. Nel dettaglio, la spesa per energia elettrica e gas di rete si è ridotta rispettivamente dell’1,9 e del 14,8 per cento, a fronte di una crescita dei prezzi per l’elettricità del 6,2 per cento e di una sostanziale stabilità per il gas.

Dal punto di vista del clima, in base ai dati ISAC-CNR (Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima), l’inverno del 2023 è stato particolarmente mite, con temperature minime significativamente al di sopra della media storica, riducendo quindi il fabbisogno di riscaldamento e in particolar modo quello di gas naturale (-16,8 per cento). Considerando tutte le fonti energetiche utilizzate per il riscaldamento, la spesa si è ridotta del 10 per cento rispetto all’anno precedente.

Secondo l’analisi Oipe, nel 2022 erano oltre 2 milioni le famiglie italiane in povertà energetica, pari al 7,7% del totale, dato calcolato in base alla misura ufficiale adottata con la Strategia energetica nazionale del 2017.

Un valore in crescita: nel 2023 le famiglie in povertà energetica salgono a 2,36 milioni di famiglie pari al 9 per cento del totale italiano, registrando una forte crescita rispetto all’anno precedente di +1,3 punti percentuali pari a 340 mila famiglie in più. In particolare, è aumentata in modo significativo la componente di famiglie in povertà energetica “nascosta” (hidden energy poor), cioè le famiglie con una spesa complessiva al di sotto della mediana e che dichiarano di non aver speso nulla per il riscaldamento.

Se si legge il fenomeno alla scala territoriale, l’analisi mette in luce come l’aumento della quota di famiglie in povertà energetica si concentri nelle Isole e nel Nord Ovest , confermando la tendenza di una maggiore incidenza della povertà energetica nei piccoli centri e nelle aree suburbane, a fronte di una lieve riduzione nelle aree metropolitane.

Dati povertà energetica in Italia divisi per regioni
Fonte OIPE

A livello regionale, nel 2023 la povertà energetica oscilla tra il minimo del 4,9 per cento nelle Marche e il massimo del 19,1 in Calabria (oipe fig. 4), mentre la Basilicata è la regione che registra l’incremento maggiore pari a 4,4 punti percentuali. La Calabria, che nel 2022 era stata l’unica regione a vedere aumentare la quota delle famiglie in povertà energetica, riporta invece la maggiore riduzione (-3,3%).

FAQ Povertà energetica

Che cosa si intende esattamente per povertà energetica?

La povertà energetica è la condizione in cui una famiglia non è in grado di accedere a servizi energetici essenziali come riscaldamento, raffrescamento, illuminazione e alimentazione degli elettrodomestici, in modo continuativo e a costi sostenibili. Secondo la direttiva UE 2023/1791, si tratta di una situazione causata da una combinazione di redditi insufficienti, alti costi energetici e bassa efficienza degli edifici. È una forma di vulnerabilità che compromette il diritto a condizioni abitative dignitose.

Quali sono gli indicatori principali per misurarla a livello europeo e italiano?

A livello europeo, l’indicatore più utilizzato è la percentuale di popolazione che non riesce a mantenere adeguatamente riscaldata la propria abitazione (EU-SILC). A supporto, la Raccomandazione UE 2020/1563 propone 13 indicatori per una valutazione più articolata. In Italia, la misura ufficiale adottata dalla Strategia Energetica Nazionale combina il rapporto tra spesa energetica e reddito disponibile (approccio LIHC) e considera anche i casi di “povertà energetica nascosta”, ovvero famiglie che non dichiarano spese per il riscaldamento pur essendo in stato di disagio.

Perché la povertà energetica è un problema anche nei Paesi sviluppati?

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la povertà energetica non è esclusiva dei Paesi in via di sviluppo. In Europa, anche economie avanzate come Germania, Francia e Spagna registrano percentuali elevate di famiglie vulnerabili. Questo perché il fenomeno non dipende solo dal reddito, ma anche dalla vetustà degli edifici, dal tipo di contratto di fornitura, dalla zona climatica e dalla volatilità dei prezzi energetici. La transizione energetica rischia di acuire queste disuguaglianze se non viene gestita con criteri di equità sociale.

Quali sono le politiche e gli strumenti previsti in Italia per contrastare la povertà energetica?

L’Italia ha istituito nel 2022 l’Osservatorio Nazionale della Povertà Energetica, incaricato di monitorare il fenomeno e proporre misure correttive. Tra gli strumenti attivati figurano bonus sociali per l’energia, incentivi per l’efficienza energetica degli edifici, campagne informative e iniziative locali di supporto. Fondamentale è anche il ruolo dell’OIPE (Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica), che raccoglie e analizza dati aggiornati per orientare le politiche pubbliche e sensibilizzare l’opinione pubblica.

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