Impianto termico o di climatizzazione (invernale/estiva): tipologie, caratteristiche e componenti 26/03/2025
Indice degli argomenti Toggle Rete italiana del Fotovoltaico: caratteristiche e finalitàCreare la filiera italiana del fotovoltaicoAgrivoltaico, un’opportunità per ricerca e industriaBuilding integrated Photovoltaics e perovskite: il futuro passa anche da qui Si chiama Rete italiana del Fotovoltaico ed è nata per creare una filiera nazionale del fotovoltaico e per “fare squadra” nel settore, accomunando centri di ricerca, università, industria. Oggi già diversi soggetti rappresentanti sono presenti all’interno di questa iniziativa che guarda lontano e che intende però rispondere a esigenze reali e concrete come la necessità per le aziende di fare attività di R&D e innovazione tecnologica, avendo riferimenti cui rivolgersi. Ieri è stata avviata la prima conferenza dedicata alla Rete italiana del Fotovoltaico, organizzata da e presso Università degli Studi di Milano-Bicocca e che si conclude oggi. Nell’occasione c’è stato modo di presentare questo network nazionale che intende rispondere alle esigenze specifiche di contribuire allo sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili e creare le condizioni perché l’Europa possa avere una leadership mondiale nell’innovazione tecnologica nel settore dell’energia solare. Rete italiana del Fotovoltaico: caratteristiche e finalità La Rete italiana del Fotovoltaico, a dire la verità, è nata nel 2017. Come si legge nella presentazione, di fronte a obiettivi sempre più ambiziosi riguardanti la transizione energetica, la domanda che si sono posti i fondatori è stata di comprendere che ruolo potesse assumere la filiera italiana del fotovoltaico nella generazione distribuita e la sua integrazione negli edifici e nel sistema energetico. “Per fare il punto della situazione su questo tema, nell’ambito del SET Plan e del progetto Europeo H2020 “PV IMPACT” ad esso collegato, vari attori industriali e del settore della ricerca stanno promuovendo la creazione a livello italiano di una Rete italiana del fotovoltaico, che sia un luogo di collaborazione fra industrie, centri di ricerca e università, volto a definire quali siano le esigenze di ricerca e sviluppo di questa tecnologia”. «L’iniziativa è lasciata all’iniziativa degli Stati membri, insieme ai membri della Commissione UE, e regolarmente viene richiesto ai gruppi di lavoro di creare una roadmap tecnologica che coinvolga gli stessi Stati membri che, a loro volta, dovrebbero anche pianificare gli finanziamenti stanziati per ricerca e sviluppo su una determinata linea tecnologica», spiega David Moser, research group leader di Eurac Research e responsabile del gruppo di ricerca “Sistemi energetici fotovoltaici”. Il centro di ricerca, sito nella Provincia autonoma di Bolzano, è tra gli artefici del network nazionale, insieme al CNR, rappresentato da Massimo Mazzer. Quest’ultimo è il rappresentante istituzionale e l’incaricato di redigere la prima mappa delle realtà attive in ricerca, sviluppo e innovazione. Oggi della Rete italiana del Fotovoltaico fanno parte una trentina di soggetti, tra cui, oltre al Consiglio Nazionale delle Ricerche, Eurac Research, Enea, Rse, Enel Green Power, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Università di Torino e Università degli Studi “Tor Vergata” di Roma. Tutti questi attori hanno anche pubblicato nel 2021 un white paper per il rilancio del settore della ricerca, sviluppo, innovazione e industria del fotovoltaico in Italia. Creare la filiera italiana del fotovoltaico La Rete italiana del Fotovoltaico è un riferimento sia per il mondo della ricerca che per l’industria, creando un punto di contatto tra i due, oltre a delineare nuovi scenari. Le analisi condotte dai partecipanti alla Conferenza contribuiranno a fornire elementi utili a una maggiore definizione della Strategia nazionale per lo sviluppo del fotovoltaico in Italia. Sarà davvero così? «Sì. Di fatto si tratta di aggiornare la strategia nazionale già delineata nel white paper, precedente al conflitto in Ucraina, e di porre l’accento sull’importanza di riportare la filiera del fotovoltaico in Europa – specifica Moser –. Come Rete ci stiamo chiedendo che ruolo possa avere l’Italia. Per questo vorremmo emulare l’iniziativa condotta in Germania dove è stato finanziato uno studio di fattibilità mirato a riportare la filiera nel Paese. In Italia sappiamo che sul fotovoltaico c’è un tessuto industriale che si sta muovendo». Seppure non copra tutta la filiera, che spazia dal silicio metallurgico fino al fine vita dei moduli, è presente in una buona parte. «Vogliamo capire come l’Italia potrebbe continuare a migliorare, colmando le lacune, e comprendere il ruolo della R&D&I». In questo momento, spiega sempre il responsabile di Eurac Research, gli attori industriali che vogliono fare attività di ricerca, sviluppo e innovazione hanno difficoltà a comprendere a chi rivolgersi proprio perché c’è una forte frammentazione. Manca l’unità d’intenti. «Il nostro obiettivo è “fare squadra” per consentire, inoltre, alle aziende che si stabiliscono in Italia per svolgere queste attività legate a fotovoltaico e ricerca la possano svolgere ed essere supportate adeguatamente, creando opportunità e partnership anche con altri soggetti europei». Oggi, infatti, per chi intende creare i presupposti per soddisfare una necessità infrastrutturale di una certa dimensione non trova risposta in Italia, ma all’estero. Scopo, quindi, della Rete italiana del Fotovoltaico è fornire una risposta a queste esigenze. Agrivoltaico, un’opportunità per ricerca e industria Un altro aspetto particolarmente nuovo e che si sta facendo strada oggi è l’agrivoltaico, su cui sono state avviate attività di ricerca e innovazione. L’attività della Rete italiana del Fotovoltaico «potrà contribuire tantissimo», prevede Moser. «Gli stessi moduli fotovoltaici che verranno impiegati potranno creare spazi e opportunità sia per la ricerca che per l’industria. Ci sono ampi margini per le aziende italiane di ritagliarsi una fetta di mercato dove invece, volendo competere sul fotovoltaico utility scale diventa difficile essere competitivi in termini di costi. Quindi, entrare in questo mercato non più di nicchia assume molti elementi di interesse. Molti progetti potranno trovare sul mercato moduli capaci di assolvere alle loro esigenze, ma diversi riusciranno a essere realizzati grazie a prodotti specifici per l’agrivoltaico». Ci sono gli elementi utili per creare un prodotto di filiera. «In Italia ci sono vari soggetti industriali che già lavorano sul fotovoltaico integrato e credo che stiano guardano con interesse al settore». Building integrated Photovoltaics e perovskite: il futuro passa anche da qui La Rete italiana del Fotovoltaico porterà avanti anche attività dedicate allo sviluppo del Building Integrated Photovoltaics (BIPV). «Su questo filone si possono seguire due percorsi. Uno riguarda la customizzazione di massa che passa dalla finalità di ridurre i costi, riuscendo a fare dei prodotti in grado di soddisfare tutti i requisiti richiesti dai progettisti e designer e a chi deve integrare questo prodotto nell’elemento costruttivo. A tal proposito, a livello di ricerca e sviluppo, c’è molto lavoro da fare perché la maturità tecnologica ancora non c’è, ma ci si può arrivare e ci sono progetti europei in corso, con attori italiani coinvolti». Per esempio, il progetto MC 2.0 vede diversi attori italiani: tra questi Eurac Research, Applied Materials Italia, Glass to Power e Focchi. Questi contatti sono nati anche grazie alla rete italiana del Fotovoltaico. Nell’altro percorso, definibile come mass adaptation, possono operare realtà in grado di fare sistemi su misura. Anche in questo caso, a seconda dei costi e delle soluzioni, ci sono aziende italiane che si stanno focalizzando e possono proporre soluzioni dedicate. Non mancano nella Rete italiana del Fotovoltaico attività di ricerca e realtà vocate alla perovskite. Il mercato dà già segnali di interesse: «Enel Green Power e FuturaSun hanno entrambi nella loro roadmap l’obiettivo di realizzare moduli tandem con perovskiti. Gli spazi di manovra ci sono e guardano al futuro con alternative concrete», conclude Moser. Consiglia questo approfondimento ai tuoi amici Commenta questo approfondimento
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