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Indice degli argomenti: Startup per la sostenibilità: spazio al mini idroelettrico Energy storage innovativo Idrogeno ed economia circolare Le buone idee delle startup per la sostenibilità sono premiate. Pochi giorni fa in occasione di Encubator, il programma di accelerazione promosso da Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi, PoliHub e Politecnico di Milano, sette realtà innovative hanno vinto grant da 40mila euro. Cinque sono stati assegnati dalla stessa Camera di commercio, uno da BCC Milano e da Innovatec. Produzione e stoccaggio d’energia, edilizia sostenibile, economia circolare: sono questi gli ambiti di attività e le finalità che si pongono Arabat, Gaia Turbine, H2go Technology, Kinsect, Reco2, ReHouseit e Volta Structural Energy. I sette premiati sono stati selezionati su 168 candidati, provenienti da tutto il mondo, che hanno partecipato al programma rivolto a spinoff universitari o provenienti da centri di ricerca e a startup early stage italiane, europee e internazionali. La matrice comune per candidarsi è la capacità di fornire soluzioni alle principali sfide negli ambiti climate tech e sostenibilità “per accelerare la transizione energetica verso un modello di sviluppo ‘carbon free’ e rendere più sostenibili ambienti urbani e trasporti, per ridurre gli sprechi verso un modello di economia circolare”. Startup per la sostenibilità: spazio al mini idroelettrico Prima di trattare delle singole startup della sostenibilità, è bene segnalare quanto iniziative come Encubator siano importanti per le realtà innovative. Le vincitrici potranno accedere a un grant in denaro da 40mila euro di cui 25mila euro da investire per lo sviluppo del progetto e 15mila euro per usufruire del programma di accelerazione, di durata quadrimestrale, gestito da PoliHub a sostegno della crescita tecnologica e della validazione della struttura di business. Inoltre potranno contare su una rete di aziende, esperti del mondo imprenditoriale, dell’energia e dell’economia circolare, oltre alla possibilità di incontrare investitori e avere un percorso privilegiato per accedere a investimenti per la prima fase dell’idea d’impresa. Sono ben quattro le startup che si occupano di energia da fonti rinnovabili e di energy storage, confermando così che la transizione energetica è il segmento più dinamico nel settore ricerca e innovazione. Per la produzione di energia c’è la svizzera Gaia Turbine, di Lugano, che ha sviluppato una microturbina idroelettrica plug-and-play, ideale per acquedotti e deflussi minimi vitali, che promette un’efficienza superiore al 90%. «Questa idea innovativa nasce dall’esigenza dell’inventore e attuale Chief technology officer, Franco Tommasini, di produrre energia in Eritrea, per alimentare la fabbrica dove si trovava per lavoro. Ha messo a punto una turbina, funzionante con acqua a cascata partendo in parte da quanto già c’era, adattando e creando ex novo diversi componenti. Ha constatato il funzionamento del prototipo, ne ha creati altri e ha perfezionato poi la tecnologia», spiega Calogero Amato, Ceo di Gaia Turbine. L’incontro con lui e con Giorgia Pati (attuale Chief communication officer) ha di fatto posto l’avvio della startup, incentrato sulla soluzione che è stata testata, sotto forma di turbina da 3 kW, presso il Politecnico di Milano. Il successo è testimoniato dall’elevata efficienza (più del 90%) a fronte di una portata d’acqua (3,5 litri al secondo) e pressione irrisorie, con un salto di dieci metri. «A differenza di altre turbine sul mercato, quella messa a punto da Gaia Turbine mantiene costantemente elevata la propria efficienza. Questo è un fattore premiante, pensando a una sua applicazione anche in sistemi dove sono già presenti turbine più grandi – aumentando la resa – ma che, a fronte di una scarsa portata d’acqua, non vengono accese dato che non avrebbero una resa soddisfacente». L’invenzione apre a opportunità legate anche al mini idroelettrico, persino negli acquedotti e in altri ambiti a deflusso minimo grazie alle sue caratteristiche: «a differenza di altre soluzioni, la nostra non ha necessità di importanti interventi strutturali. Inoltre in essa girano sia gli ugelli che le palette, funzionando come due ruote concentriche: per questo è possibile renderla plug and play. Le potenzialità di mercato sono ampie: è possibile adottarla in applicazioni da 5 kW e 1 MW». La turbina ha già attirato l’interesse di alcuni operatori svizzeri. Per la sua commercializzazione si dovrà attendere il 2024, al termine della sperimentazione del progetto pilota. Energy storage innovativo Ha sede a Milano Volta Structural energy, start-up innovativa milanese che intende sviluppare soluzioni di energy storage, innovative in termini di prestazioni che di impatto ambientale. In particolare Volta ha sviluppato una batteria strutturale basata sulla chimica degli ioni di alluminio: Volta’s Structural Battery. Si tratta di un elemento rigido multifunzionale a forma di pannello sottile in grado di sostenere carichi meccanici intensi e di immagazzinare allo stesso tempo energia elettrica. La tecnologia della startup milanese si rivolge a satelliti, ma anche ad automobili, aeroplani e navi. La stessa segnala: “grazie a questa tecnologia, è possibile distribuire l’energia elettrica immagazzinata nel telaio del sistema, sostituendo elementi strutturali come i pannelli della carrozzeria dei satelliti, il tetto e il cofano di un’automobile o la sezione alare di un aereo. Con questo concetto, i pacchi batteria non sono più pesanti e grandi masse inerti, ma contribuiscono alla forma e alle proprietà meccaniche del veicolo, consentendo di risparmiare volume e massa”. La chimica Volta agli ioni di alluminio offre significativi miglioramenti elettrochimici rispetto alle più comuni tecnologie agli ioni di litio. La batteria strutturale può estendere la durata della batteria di dieci volte grazie alla sua elevata ciclabilità (oltre 7500 cicli) ed è caratterizzata dalla flessibilità d’impiego e di progettazione. Idrogeno ed economia circolare L’inglese H2go Technology, cui è andato il grant di Innovatec, lavora alla realizzazione di soluzioni di stoccaggio dell’idrogeno a stato solido, basandosi sulle potenzialità offerte dall’intelligenza artificiale. Ha messo a punto un sistema (in attesa di brevetto) che funziona immagazzinando idrogeno allo stato solido e rilasciando idrogeno su richiesta. Lo stoccaggio stazionario plug and play è attivato attraverso unità utilizzabili in tutto il mondo in modo permanente o temporaneo, progettate per assorbire energia rinnovabile e immagazzinarla sotto forma di idrogeno per un lungo periodo. Algoritmi di intelligenza artificiale proprietari garantiscono una gestione efficiente in termini di costi e operazioni di stoccaggio/risposta ottimali. Si pone a metà tra economia circolare e stoccaggio energetico AraBat, che trasforma le batterie agli ioni di litio esaurite in nuovi prodotti utilizzando le bucce d’arancia. Detto così pare riduttivo, ma la portata di quanto intende fare questa startup pugliese è di grande valore: ridare una… seconda possibilità alle batterie di litio. “Attualmente, solo una piccola parte delle batterie agli ioni di litio viene riciclata e il resto termina in discarica”, ricorda il team della realtà innovativa nata per sviluppare processi per il riciclo di rifiuti pericolosi, come i RAEE e le batterie agli ioni di litio esauste (LIB), commercializzando le materie prime seconde da esse recuperate. Il potenziale di mercato del riciclo di batterie è notevole: gli analisti stimano che, entro il 2025, dovrebbero essere disponibili circa 705mila tonnellate di batterie agli ioni di litio a fine vita. Si prevede che questo numero raggiungerà i 9 milioni di tonnellate all’anno entro il 2040. La giovane azienda è impegnata anche nello sviluppo di altri processi circolari nella produzione di energia rinnovabile e in attività di consulenza nel campo della green economy. L’innovazione del processo di recupero dalle batterie al litio è caratterizzata dalla sua impronta sostenibile. Esso si basa infatti sul processo idrometallurgico, dove i minerali vengono fatti passare in corsi d’acqua, generalmente su lastre di rame amalgamate con mercurio. Quest’ultimo processo prevede l’utilizzo di reagenti chimici come l’acido nitrico o solforico e si sviluppa a temperature notevolmente inferiori rispetto al tradizionale processo pirometallurgico, riducendo così la formazione di diossine che sono la principale causa di inquinamento. In secondo luogo, questo processo è caratterizzato da un’efficiente separazione dei metalli e da un basso consumo energetico. Non solo. AraBat prevede l’utilizzo di un diverso reagente chimico, l’acido citrico, presente negli agrumi, perfetto sostituto dei comuni acidi inorganici forti, di solito utilizzati nei processi di riciclo. La startup impiega bucce d’arancia, uno scarto che così diventa utile. 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