Nuovo rapporto Onu, ultimi 10 anni i più caldi della storia

Il documento dell’Organizzazione mondiale della meteorologia parla di ‘allarme rosso’, con una temperatura media globale a più 1,45 gradi nel 2023: siamo vicini al limite degli 1,5 gradi fissato dall’Accordo di Parigi. Battuti tutti i record negativi sia per le emissioni di gas serra che per lo scioglimento dei ghiacciai a livello globale

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Nuovo rapporto Onu, ultimi 10 anni i più caldi della storia

Gli ultimi 10 anni sono stati i più caldi della storia, con la temperatura media globale che nel 2023 è stata di 1,45 gradi centigradi più alta del normale. E’ quanto emerge da un nuovo rapporto dell’Organizzazione mondiale della meteorologia (Omm) delle Nazioni Unite “State of the Global Climate 2023“, in cui si parla di ‘allarme rosso‘ per il Pianeta.

Il rapporto conferma che il 2023 è stato l’anno più caldo mai registrato, con la temperatura media globale in superficie a +1,45 gradi al di sopra dei livelli pre-industriali. Ed è stato anche “il decennio più caldo mai registrato”.

Allarme rosso, vicini al limite Accordo di Parigi

“Non siamo mai stati così vicini al limite inferiore di 1,5 gradi previsto dall’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici – afferma la segretaria generale dell’Omm, Celeste Saulo – la comunità dell’Omm sta lanciando l’allarme rosso al mondo”.

Distrutti tutti i record su emissioni e fusione ghiaccio

In base all’analisi dell’Organizzazione mondiale sono stati battuti, e “in alcuni casi distrutti”, i record per i livelli di gas serra, per le temperature superficiali, per le ondate di calore e per l’acidificazione degli oceani, per l’innalzamento del livello del mare, per la copertura del ghiaccio marino antartico e il ritiro dei ghiacciai.

Secondo il rapporto ondate di caldo estremo, inondazioni, siccità, incendi e cicloni tropicali hanno causato “miseria e caos, sconvolgendo la vita quotidiana di milioni di persone”. A questo vanno poi aggiunte perdite economiche per molti miliardi.

Surriscaldamento: distrutti tutti i record su emissioni e fusione ghiaccio
Alla fine del 2023 – afferma l’Omm – oltre il 90% degli oceani ha subito ondate di caldo estremo. I ghiacciai a livello globale hanno subito la più grande perdita di ghiaccio mai registrata dal 1950, causata dallo scioglimento estremo sia nel Nord America occidentale che in Europa.

Surriscaldamento: le calotte glaciali alpine hanno vissuto una stagione di scioglimento estremo

Le calotte glaciali alpine, per esempio, hanno vissuto una stagione di scioglimento estremo: negli ultimi due anni quelle svizzere hanno perso circa il 10% del loro volume. L’estensione del ghiaccio marino antartico è stata poi di gran lunga la più bassa mai registrata, con l’estensione massima alla fine dell’inverno pari a 1 milione di km quadrati in meno (equivalente alla dimensione di Francia e Germania messe insieme) rispetto all’anno precedente, che era già un record.

Crisi clima e disuguaglianze

L’inquietudine maggiore è legata soprattutto al fatto che gli effetti della crisi climatica si ripercuotono sulle fasce di popolazione più fragile, ampliando il divario che già esiste nella società. La crisi climatica – osserva Saulo – è infatti “la sfida decisiva che l’umanità si trova ad affrontare”. E – come fa notare – è “strettamente intrecciata con la crisi delle disuguaglianze”.

A testimoniarlo c’è per esempio la crescente insicurezza alimentare, gli spostamenti sempre più frequenti di popolazioni, e la perdita di biodiversità. Secondo l’analisi infatti il numero di persone che soffrono di insicurezza alimentare acuta in tutto il mondo è più che raddoppiato, passando da 149 milioni di persone prima della pandemia da Covid 19 a 333 milioni di persone nel 2023; e si prendono in considerazione soltanto 78 Paesi al livello globale, monitorati dal Programma alimentare mondiale.

Gli impatti e i pericoli causati dagli eventi meteorologici hanno continuato a provocare sfollamenti nel 2023, dimostrando come gli ‘shock climatici’ siano un problema per la resilienza delle popolazioni più vulnerabili.

Allerta real time

L’Organizzazione mondiale della meteorologia guarda con molta attenzione ai sistemi efficaci di allerta precoce multi-rischio, ritenendoli fondamentali per mitigare l’impatto dei disastri. E per esempio cita l’iniziativa ‘Early warnings for all’ che mira a garantire una protezione universale attraverso sistemi di allarme rapido entro il 2027.

Con l’adozione del Quadro di Sendai per la riduzione del rischio di disastri – ricorda infatti l’Omm – c’è stato un aumento nello sviluppo e nell’implementazione di strategie locali per ridurre i rischi provocati dai disastri naturali e dagli eventi meteo estremi.

La preoccupazione ‘continua’ delle Nazioni Unite

Continua l’apprensione delle Nazioni Unite sul fronte dei cambiamenti climatici.

Il segretario generale Antonio Guterres non ha dubbi quando ricorda come “le sirene” stiano “risuonando” per i principali indicatori: i record neanche vengono più contati perché riscrivono le classifiche di volta in volta. In particolare secondo Guteress, che mette in evidenza l’accelerazione di frequenza e intensità dei cambiamenti climatici, “ciò a cui abbiamo assistito nel 2023 è motivo di particolare preoccupazione”.

Ancora una possibilità, rinnovabili e decarbonizzazione

Ma nelle sue conclusioni l’Organizzazione mondiale della meteorologia lascia la porta aperta alla possibilità di riuscire a invertire la rotta, di riuscire a farcela: la speranza risiede soprattutto nell’implementazione a livello mondiale delle energie rinnovabili e nell’abbandono progressivo dei combustibili fossili.

Raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione è la sfida dei prossimi anni. Tenendo conto del fatto che si percepisce un’accelerazione.

Nel 2023 l’aggiunta di capacità rinnovabile è aumentata di quasi il 50% rispetto al 2022, per un totale di 510 Gigawatt (GW), il tasso più alto osservato negli ultimi due decenni. E poi serve, in misura maggiore, il contributo della finanza climatica. Dal 2021 al 2022 i flussi finanziari globali legati al clima sono quasi raddoppiati rispetto ai livelli del 2019-2020, raggiungendo quasi 1,3 trilioni di dollari. Ma, a ben guardare, questa cifra equivale “soltanto a circa l’1% del Pil globale”. Di fronte c’è ancora “un significativo gap” da colmare.

Per raggiungere gli obiettivi di un percorso che sia linea con la soglia degli 1,5 gradi centigradi di aumento medio della temperatura globale, gli investimenti annuali in finanziamenti per il clima dovrebbero aumentare di oltre sei volte entro il 2030, con ulteriori 10mila miliardi di dollari necessari entro il 2050.

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