Transizione energetica e paesaggio: coinvolgere bene per pianificare meglio

Per progettare impianti rinnovabili sarebbe bene partire da un’attenta progettazione che preveda anche il coinvolgimento e la condivisione con la popolazione locale. Un progetto europeo ha messo a punto una metodologia che può aiutare a questo fine

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Transizione energetica e paesaggio: coinvolgere bene per pianificare meglio
Tetto verde con fotovoltaico a Oberperfuss (Austria) (Foto: Anna Codemo)

Transizione energetica e paesaggio sono conciliabili? Il dubbio è legittimo, leggendo anche l’ultimo report “Scacco matto alle rinnovabili” a cura di Legambiente: le installazioni per il 2023, complessivamente, sono state appena 5.677 MW, di cui 5.234 MW di fotovoltaico, 487 MW di impianti eolici e 42 MW tra geotermia e biomasse. Con questi numeri si arriva a coprire il 37% dei consumi complessivi, totalmente insufficienti per raggiungere gli obiettivi climatici al 2030.

Lungaggini burocratiche a parte, tra le cause dei ritardi ci sono le opposizioni di cittadini e comitati «che possono avere tante ragioni e scontano norme e processi poco trasparenti e di coinvolgimento», ravvisa l’associazione ambientalista.

Occorre trovare modalità originali per far conoscere e rendere partecipe la popolazione nello sviluppo di impianti rinnovabili. Proprio per questo è stato avviato il progetto europeo PEARLS, che ha affrontato nell’arco della sua durata (è terminato nel 2023) il tema della pianificazione territoriale e dell’innovazione sociale nei Paesaggi Energetici Rinnovabili (successivamente chiamati Positive Energy Landscapes), portando la visione e l’esperienza dei Paesi mediterranei nel resto d’Europa. Coordinato dalla Università di Siviglia, ha coinvolto diversi partner tra cui esperti del DICAM (Dipartimento di Ingegneria Civile Ambientale e Meccanica) dell’Università degli Studi di Trento.

Transizione energetica e paesaggio: il progetto europeo PEARLS

PEARLS (acronimo di Planning And Engagement Arenas For Renewable Energy LandscapeS) ha visto la partecipazione di partner di cinque Paesi della sfera mediterranea: oltre all’Italia hanno partecipato enti e aziende della Spagna, Portogallo, Grecia e Israele.

Parco fotovoltaico che favorisce l'impollinazione a Paros
Parco fotovoltaico che favorisce l’impollinazione a Paros (Grecia) (Foto: Anna Codemo)

Si è posto tre obiettivi: sviluppare la pianificazione e l’impegno pubblico per l’utilizzo delle energie rinnovabili attraverso una rete internazionale e intersettoriale di organizzazioni europee; promuovere l’accettazione dei Renewable Energy Landscapes (REL) nei paesi dell’Europa meridionale e di Israele, implementando le migliori pratiche nel settore; contribuire alla sfida energetica paneuropea basata sulla considerazione dei REL come fattore chiave positivo per lo sviluppo del territorio.

«Spesso si dà per scontato che i paesaggi esistano e ci siano sempre stati. In realtà, già con l’arrivo di specie alimentari dal Nuovo Mondo sono cambiati quelli agrari; in particolare, con la Rivoluzione Industriale, si sono avuti profondi processi di cambiamento in termini di urbanizzazione. Oggi ne apprezziamo alcuni, penso a quelli del Chianti, come “naturali”, ma anch’essi sono il risultato di profonde modifiche rispetto al contesto primigenio. Eppure sono apprezzati perché portano con sé dei valori e hanno una connessione con il nostro modello di vita. Ecco, quindi, la scommessa di ragionare sui paesaggi dell’energia. Come fare? Bisogna stabilire un rapporto responsabile, consapevole, costruttivo, in questa fase di passaggio, di fondazione di un nuovo tipo di contesto paesaggistico». Così illustrano Bruno Zanon, professore di Tecnica e Pianificazione urbanistica all’Università di Trento e membro del team attivo nel progetto PEARLS, e Rossano Albatici professore di Architettura tecnica e direttore del DICAM.

Produzione energetica e paesaggio: un cambio di paradigma

Rispetto al modo di produrre energia caratteristico delle centrali elettriche, che hanno una produzione energetica concentrata, gli impianti FER, come fotovoltaico o eolico, richiedono spazi più ampi per ottenere capacità importanti.

Transizione energetica e paesaggio: coinvolgere bene per pianificare meglio

Quindi come è possibile costruire nuovi paesaggi dell’energia, conciliando transizione energetica e paesaggio? «Ci sono diversi aspetti da considerare: tra questi, la localizzazione è molto complessa e richiede capacità di valutazione ambientale, ma anche abilità di comprensione del senso dei luoghi nei confronti della popolazione. Un tecnico esterno difficilmente comprende quale possa essere il senso per gli abitanti di una collina, di una valle, di un pendio. C’è anche un aspetto riguardante il disegno delle soluzioni: si pensi all’installazione dei pannelli fotovoltaici sugli edifici, che richiede capacità di integrazione tra l’edificio e le nuove tecnologie. C’è poi da considerare il rapporto con le soluzioni a disposizione o dell’evoluzione tecnologica», specificano i membri del team italiano, aggiungendo che il percorso verso la realizzazione di positive energy landscape richiede la necessità di informare, di coinvolgere la popolazione, di una sua partecipazione: questo necessita la consapevolezza del valore dell’energia e di come produrla per soddisfare consumi ed esigenze.

Positive energy landscape

L’idea di rinominare i paesaggi comprensivi di impianti FER come positive energy landscape è una scelta in qualche modo provocatoria per sottolineare la necessità non solo di produrre energia, ma di concepire l’installazione di infrastrutture nell’ottica della progettazione rigenerativa positiva, capace quindi di favorire un approccio interdisciplinare, scardinando una logica monofunzionale ristretta alla mera necessità di installare l’impianto.

«Alla base della progettazione ci deve essere il rispetto del paesaggio, che è un sistema complesso, articolato, stratificato, composto di aspetti qualitativi, estetici, percettivi, multifunzionali. Proprio come i benefici che offre l’ambiente naturale riguardano l’uomo, ma anche gli animali, gli ecosistemi, la biodiversità, così anche i paesaggi dell’energia devono essere in grado di conciliare vari benefici», spiega Sara Favargiotti, professoressa di Progettazione architettonica e del paesaggio dell’ateneo trentino.

Gli esempi di parchi fotovoltaici integrati con attività agricole o con l’allevamento ci sono (l’agrivoltaico nasce proprio per questo: conciliare produzione energetica e agricoltura). Ci sono anche esempi di parchi energetici che sono diventati luoghi attrattivi di turismo.

C’è bisogno di un approccio progettuale su misura, che tenga conto degli aspetti peculiari di un determinato territorio.

Coinvolgere le persone: come fare

Un terzo, fondamentale, aspetto, riguarda il coinvolgimento attivo della popolazione. Il gruppo di lavoro che ha visto coinvolto attivamente il team dell’Università di Trento si è focalizzato in particolare su questo tema dell’accettazione del paesaggio delle energie rinnovabili, elaborando anche una metodologia specifica di coinvolgimento delle persone, per far sì che l’applicabilità sul campo e i suoi risultati fossero replicabili. I due casi-studio sono stati svolti in una città dell’entroterra dell’Andalusia e in un territorio a vocazione agricola della Grecia.

«In entrambi, la domanda principale era finalizzata a comprendere come passare dalla minimizzazione degli impatti che il fotovoltaico può avere in termini di creazione di valore; la questione che ci si è posti è comprendere come l’introduzione di nuove infrastrutture energetiche possono creare valore per i territori. Questo tema è stato trattato, riconoscendo che il paesaggio dell’energia rinnovabile non è solamente una tematica energetica, tecnica, ma che ha anche risvolti paesaggistici, ambientali, ecologici ed economici», racconta Anna Codemo, assegnista di ricerca presso il DICAM che ha lavorato sul campo.

La popolazione è stata coinvolta attraverso diversi strumenti, tra cui questionari dove emergessero i fattori più importanti da tenere in considerazione per la localizzazione del fotovoltaico.

Un altro strumento impiegato ha riguardato l’applicazione della metodologia Q: si tratta di un metodo di ricerca utilizzato per studiare la “soggettività” delle persone, ovvero il loro punto di vista. Nel caso specifico ci si è avvalsi di fotografie che mostravano casi studio di integrazione paesaggistica del fotovoltaico (anche agrivoltaico) in paesi dell’energia rinnovabile nell’area mediterranea.

«La questione emergente è che l’implementazione, l’attuazione della transizione energetica nel paesaggio passa attraverso il progetto e quindi abbiamo cercato di adottare strategie che provenissero dagli abitanti stessi per capire come si potesse progettare un parco fotovoltaico».

Un elemento di rilievo del progetto PEARLS è che ha permesso un prezioso scambio di informazioni tra membri della ricerca e imprese, creando le condizioni per una preziosa condivisione di conoscenza.

«Una importante ricaduta è anche quella formativa: le esperienze condotte col progetto si sono trasmesse in aula, consentendo così di far conoscere e accrescere la cultura di condivisione e coinvolgimento alla base della progettazione. Quindi non c’è solo una ricaduta immediata, ma anche futura: tentiamo di formare una classe di progettisti e di amministratori che abbiano nel DNA, questi temi con i quali noi ci siamo confrontati e che abbiamo trasmesso agli studenti, attraverso lezioni specifiche, sperimentazioni, tesi di laurea. Quindi va considerata la ricaduta formativa di chi, un giorno, si troverà ad avere in mano le redini, dal punto di vista progettuale, del territorio», concludono Zanon e Albatici.

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