Il valore inestimabile di un paesaggio (verde e non) ben riprogettato

Anche la progettazione del verde ha bisogno di essere rivista e attenzionata sulla base delle nuove emergenze climatiche e meterologiche: preservazione e riqualificazione sono le parole d’ordine, per escludere categoricamente ulteriori consumi di suolo. Perché il verde ha un valore anche in termini economici.
Riflessioni che sono emerse nell’evento organizzato a Napoli da Aiapp dal 12 al 15 ottobre per parlare di “paesaggi perduti” e nuove strategie di progettazione del verde: si ribadisce la necessità delle aree verdi in città ma anche l’importanza di riqualificare le aree dismesse con progetti articolati e coerenti con lo spirito dei luoghi, sia nelle sue parti verdi che in quelle costruite

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Il valore di un paesaggio verde riqualificato in città

Il verde nelle città ha un altissimo valore, accresciuto anche dai recenti e drammatici fenomeni meterologici che non sarebbero stati tanto drammatici se l’apporto della vegetazione fosse stato maggiore. Ma il valore del verde in città non si calcola solo in termini ambientali, c’è anche il profilo economico: l’Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio (AIAPP) ha di recente fatto una stima, il dato monetizzato, corrispondente ai vantaggi ambientali che le aree verdi apportano alla città (aria pulita, assorbimento delle acque in eccesso, raffrescamento) si attesta su 4,5 euro/mq, a cui poi si deve aggiungere la crescita delle quotazioni immobiliari, anch’essa riflesso diretto della presenza di aree verdi in città.

Di questo e di molto altro si è discusso in un convegno “Lost Landscapes”, che si è tenuto a Napoli dal 12 al 15 ottobre, dove i progettisti del paesaggio hanno fatto il punto sul tema e sulle prospettive per il futuro.

Lost Landscapes evento a Napoli nell'ottobre 2023

Nel documento finale gli architetti fanno richieste precise alla politica perché, come si legge:

“La capacità di trasformare il paesaggio in modo olistico, nel rispetto dei suoi processi evolutivi, leggendo gli strati e le complessità di un territorio, è essenziale per rendere la nostra professione centrale in una strategia per affrontare e guidare le transizioni, è necessario ridurre il più possibile gli interventi che consumano, sostituendoli con quelli che producono e si sovrappongono”.

E le richieste all’Unione Europea parlano chiaro: la transizione deve tutelare luoghi e paesaggi attraverso valutazioni precise di impatto a prescindere dal carattere dei progetti proposti; è necessario trovare Nature-based Solutions (NBS) e utilizzare materiali innovativi; unire e far convivere le popolazioni, le culture, i paesaggi e la natura con la cultura dei luoghi e dei popoli europei, senza compromettere le caratteristiche individuali.

Riflessioni che coinvolgono la progettazione a trecentossessanta gradi, quella delle aree verdi, ma anche le riqualificazioni tout court, che vanno sviluppate sulla base di progetti ben studiati e ispirati alla cultura del territorio.

Sono stati citati alcuni interventi virtuosi di riqualificazione del paesaggio in Italia (la riqualificazione dell’ex Macello civico di Varese, il progetto a Roma “Città in 15 minuti”, il nuovo Orto Botanico di Parma), il Parco della Pace di Vicenza (opera dei progettisti Benedetto Selleri e Claudio Bertorelli) e il capoluogo partenopeo ha ospitato i progetti  del programma “Paesaggi effimeri”, attraverso il quale sono stati ipotizzati alcuni scenari possibili in alcune aree della città largo San Marcellino, piazzetta San Biagio, piazza Sa Gaetano, piazzetta Fortunato, piazzetta Miraglio.

Intervista a Maria Cristina Tullio Presidente Aiapp

Il valore inestimabile di un paesaggio (verde e non) ben riprogettato 3Quali “lost landescape” sarà possibile recuperare in futuro?

I paesaggi sono perduti perché non c’è progettualità, non perché non possano essere recuperati, sono perduti al momento perché dimenticati e relegati ad aree degradate. Non è un’interpretazione nostalgica, certi paesaggi (in Veneto o nella Pianura Padana, per esempio) sono perduti perché non si fa qualcosa per recuperarli.

Parliamo di paesaggi verdi?

Non solo, parliamo di aree abitate a 360°, infatti le sessioni toccate sono state tre: connessioni, ovvero strade e percorsi viabili; lavoro, dove le persone producono, come il paesaggio agrario che oggi accoglie moltissimi impianti fotovoltaici che dovrebbero essere ricollocati in maniera da non compromettere il paesaggio stesso; e poi i paesaggi dell’abitare che devono garantire la qualità di vita ai cittadini e per i quali si devono mettere in campo soluzioni che prevengano le catastrofi, ma senza far perdere l’identità dei luoghi, la loro riconoscibilità, questo è molto importante.

Come dovranno ripensare le proprie scelte i progettisti del paesaggio?

Un tema importate della manifestazione di Napoli è stato proprio quello di sollecitare la riqualificazione attraverso interventi che rispondono sicuramente alle emergenze climatiche, ma che allo stesso tempo percorrano la via del riconoscimento identitario, riqualificazioni coerenti con la cultura del territorio. Per anni il verde è stato reputato alla stregua di uno standard, un tot di verde pro capite che ha determinato una macchia verde numerica, con prati abbandonati e aree costruite con criteri non qualitativi. Invece il paesaggio è un concetto che affianca natura e architettura e che contempla anche i luoghi costruiti, abitati dall’uomo.

C’è qualcosa che dovrebbe essere rivisto nelle modalità di progettazione dei paesaggi oggi?

Una cosa che ci preoccupa molto è la fretta impressionante con cui si mettono in campo i progetti finanziati dai vari sussidi europei, la corsa a beneficiare dei finanziamenti può compromettere la qualità dei progetti i cui tempi sono sempre più compressi. È importante restituire “tempo” alla progettazione, alla fase che richiede studio e confronto con la popolazione, all’assimilazione dei caratteri e dell’identità. 

Landscape perduti e landscape ricreati, l’esempio di Milano

Nel progetto del paesaggio, il verde è un vero e proprio benefit, un segno dei tempi, di una cultura che cambia (seppur un po’ in ritardo), e cambia proprio a partire dai parametri che definiscono la qualità degli spazi, oggi un edificio realizzato ex novo o ristrutturato, seppur frutto di un progetto grandioso, avrebbe scarso valore senza la presenza di elementi naturali vegetali. Ne sono una dimostrazione pratica gli ultimi grandi sviluppi immobiliari, a partire proprio da CityLife Milano (strategia europea di Generali Real Estate), il progetto di riqualificazione dell’ex quartiere fieristico che ha appena ottenuto il livello Platinum in tre certificazioni (LEED for Cities and Communities, WELL for Community e il SITES) portando sul podio internazionale il capoluogo lombardo che così risulta, al momento, la prima città al mondo con un quartiere di questo livello.

Il verde nel progetto CityLife di Milano
Credit img @Alberto Fanelli

L’attestato SITES è proprio relativo alle aree verdi, fornisce un quadro completo per la progettazione, lo sviluppo e la gestione di paesaggi sostenibili e resilienti e di altri spazi esterni, e il progetto CityLife è, per oltre la metà della sua superficie, con un parco di 17 ettari, adibito a verde pubblico.

Intervista a Roberto Russo A.D. di SmartCityLife 

Come è avvenuta la riqualificazione dell’ex quartiere fieristico milanese e come si è espressa la sensibilità per il paesaggio e le aree verdi?

CityLife nasce su un’area che era totalmente impermeabile, c’erano circa 2 milioni di metri cubi di cemento e amianto, quando è stata realizzata l’attenzione all’ambiente era un po’ diversa. La riqualificazione ha portato come suo nodo centrale il progetto del parco.

Il progetto CityLife di Milano
Credit img @Alberto Fanelli

Il concorso internazionale, la gara per il progetto, aveva come baricentro la costruzione del parco, attorno al quale sarebbe sorta l’edificazione. Nonostante ci fosse già stato un concorso internazionale con i nostri tre architetti, abbiamo voluto nel 2011 aprire, in accordo con la pubblica amministrazione, un ulteriore concorso focalizzato solo sul parco, con linee guida scritte a quattro mani, soprattutto sugli obiettivi di sostenibilità, qualità e manutenzione. Da questo concorso l’incarico è andato allo studio internazionale Gustafson Porter (Regno Unito). Il progetto del verde quindi ha una lunga storia in questa edificazione.

Come sarà gestita l’area?

A progetto quasi concluso (manca solo l’ultimo segmento che è CityWave dello studio BIG), abbiamo creato una società che si chiama SmartCityLife con soci Generali e Allianz, che per i prossimi dieci anni gestirà le aree pubbliche di CityLife con un impegno di spesa di circa 20 milioni di euro e che lavorerà su tre obiettivi principali: la qualità ambientale, la sicurezza (trasversale) e l’inclusività, ovvero aprire le aree a tutta la comunità milanese (ad oggi ci sono 11 milioni di persone all’anno che attraversano e usufruiscono di CityLife).

Il progetto CityLife di Milano
Credit img @Alberto Fanelli

Abbiamo inoltre creato un’App per facilitare la fruizione delle aree che informa su tutto ciò che avviene. Abbiamo inoltre dato centralità ad un tema sempre più importante come la gestione intelligente delle risorse idriche. 

Come è concepito il paesaggio oggi secondo lei?

Il paesaggio oggi non è un elemento solo estetico come era nel 1800 ma è qualcosa di vivo, che viene fruito e vissuto ogni giorno dalla comunità. Nasce da una spinta emozionale, il tema del concorso si ispirava al paesaggio della Lombardia ma deve essere “funzionale”.

Questo spirito attraversa tutto il progetto, a partire dalla scelta delle piante (scegliendo varietà di alberi per lo più autoctone e capaci di rispondere meglio alle sfide legate al cambiamento climatico, con l’obiettivo di preservare la biodiversità), fino all’obbiettivo di disegnare un contesto che aprisse a nuove relazioni tra gli abitanti della città. 

La certificazione per le aree verdi

I progetti certificati SITES hanno un ridotto fabbisogno di acqua, filtrano e e riducono il deflusso delle acque piovane, migliorano la biodiversità, forniscono habitat agli impollinatori e alla fauna selvatica, riducono il consumo di energia, migliorano la qualità dell’aria, la salute umana e aumentano le opportunità ricreative all’aperto.

L’ultimo progetto che completerà CityLife, CitiWave, attualmente in cantiere, si estende su un’area di 53.500 mq ed è firmato dagli architetti di BIG.

Progetto CityWave a CityLife Milano
img by BIG

Il progetto prevede due edifici individuali collegati da un tetto sospeso lungo 140 m, che formano un generoso spazio pubblico ombreggiato come ingresso a CityLife. La nuova struttura non compete con il contesto esistente, ma lo completa. Entrambi gli edifici sono destinati ad uffici.

Gli edifici raggiungono complessivamente 73.000 mq fuori terra e 108.000 mq complessivi, 119.800 mq comprese le aree esterne.

In merito al rapporto con l’esterno e con il parco circostante, CityWave rappresenta proprio un’estensione dello spazio interno verso l’esterno, un ponte con l’ambiente che permettendo di godere la vita all’aria aperta durante tutto l’anno. La caratteristica struttura a lungo portico è interamente rivestita di tegole fotovoltaiche e costituisce uno dei più grandi impianti solari sul tetto d’Europa. Il bar sul tetto offre la vista sulle Alpi e sul Monte Rosa.

Un altro intervento di riqualificazione che può rappresentare un modello virtuoso è il progetto di recupero di Borio Mangiarotti e Värde Partners per il Parco di SeiMilano un’area di 330.000 mq fra via Calchi Taeggi e via Bisceglie a Milano.

Parco di SeiMilano

Per la parte verde, l’architetto paesaggista Michel Desvigne si è ispirato al genius loci locale, come spiega:

“Per SeiMilano abbiamo lavorato sulla miniaturizzazione del paesaggio agricolo della Pianura Padana. Questo ci ha permesso la creazione di un parco urbano contemporaneo con una struttura chiara e leggibile in grado di accogliere numerosi usi e di contribuire a un sistema ecologico alla scala della città di Milano e del suo territorio”.

Sono stati riprodotti all’interno del parco gli elementi identitari del paesaggio rurale: corsi d’acqua, rogge, filari alberati, orti e frutteti urbani, insieme a piante ad elevato assorbimento di CO2.

Parco di SeiMilano

Oltre a 4.100 arbusti e 116.000 mq di tappeti erbosi, il parco ospiterà 2.300 alberi ad alto fusto, appartenenti a specie presenti in Lombardia: querce, tigli, noci, frassini, ciliegi, scelti per la loro capacità di adattamento all’ambiente urbano e per la loro resistenza alle malattie tipiche del territorio.

Giardino botanico di nuova generazione

Uno skyline molto particolare a Milano è quello della Biblioteca degli Alberi di Milano (BAM), voluta dalla Fondazione Riccardo Catella (e resa possibile da una partnership tra il Comune di Milano e COIMA): 10 ettari di collezione botanica, ma anche un giardino contemporaneo teatro di eventi e iniziative che si può vivere tutto l’anno, terzo parco pubblico della città per dimensioni, collocato in area Porta Nuova, unico parco privo di recinzioni, che connette il tessuto urbano circostante.

La biblioteca degli alberi di Milano
credit img @Andrea Cherchi

Il progetto è firmato dallo studio Inside Outside – Petra Blaisse di Amsterdam, con la collaborazione del paesaggista Piet Oudolf e reinterpreta in chiave contemporanea l’idea del “giardino botanico”, con tanti ambienti diversi (22 foreste circolari, 500 alberi, 100 specie botaniche, prato rasato, prato armato, prato fiorito e ancra piante, bambù, arbusti, rampicanti, piante acquatiche.

Qualche esempio all’estero

In alcune grandi capitali mondiali, la riqualificazione del tessuto urbano, soprattutto quello storico, vicino ai maggiori siti di interesse culturale, è stata costruita attorno all’esigenza di ricondividere sul piano sociale importanti porzioni di territorio chiuse e precluse ai cittadini.

Il verde anche qui, si è messo a disposizione del progetto con risultati eccellenti.

Ecco due progetti dello studio di New York Diller Scofidio + Renfro ((DS+R) ().

New York: una strada verde in mezzo alla città

Si ispira alla poetica bellezza di una rovina postindustriale, il parco pubblico lungo 1,5 miglia costruito su una ferrovia sopraelevata abbandonata che si estende dal Meatpacking District agli Hudson Rail Yards a Manhattan.

Diller High Line New York
Credit img @ Iwan Baan

La natura ha recuperato uno spazio che in epoca ancestrale le perteneva. La biodiversità è stata ricreata nell’alternarsi di spazi soleggiati, ombrosi, umidi, asciutti, ventosi e riparati, attraverso una strategia di agri-tettura (agricoltura e architettura), la superficie della High Line viene articolata in unità discrete di pavimentazione e piantagione che vengono assemblate lungo i quasi 2,5 km.

Diller High Line New York
Credit img @Timothy Schenck

Il sistema di pavimentazione presenta assi di cemento prefabbricate con giunti aperti per favorire la crescita di erba selvatica attraverso le fessure del marciapiede. Le lunghe unità di pavimentazione hanno estremità affusolate che si intrecciano in aiuole creando un paesaggio strutturato e “senza sentieri” in cui le persone possono passeggiare e incontrarsi.

Il progetto affronta una molteplicità di questioni civiche: recupero di spazio pubblico non reclamato, riutilizzo adattivo di infrastrutture obsolete e conservazione come strategia per la sostenibilità.

Mosca: wild urbanism

A pochi passi dal Cremlino, quest’area di 35 acri è stata trasformata nel Parco Zaryadye, un ibrido che contempla parco, piazza urbana, spazio sociale zone ricreative e culturali, tra aree all’aperto e frazioni al coperto, protette da una struttura vetrata.

Il valore inestimabile di un paesaggio (verde e non) ben riprogettato 4
Credit img @Iwan Baan

I paesaggi naturali sono sovrapposti agli ambienti costruiti, creano un dialogo tra naturale e artificiale, urbano e rurale, interno ed esterno. La pavimentazione in pietra unisce collega i diversi paesaggi, generando una fusione piuttosto che un confine e incoraggiando i visitatori a vagabondare liberamente.

Diller Zaryadye a Mosca
Credit img @Philippe Ruault

La varietà di scenari e di ambienti verdi supporta il microclima che, in una certa misura, prolunga la bella stagione (il vento è ridotto al minimo, le piante rimangono verdi più a lungo e la temperatura aumenta gradualmente man mano che i visitatori risalgono il pendio. L’aria più calda viene trattenuta durante i mesi più freddi, mentre in estate i pannelli di vetro motorizzati si aprono per espellere il calore attraverso il tetto). Attraversando il parco si incontrano terrazze che ricreano e celebrano quattro diversi paesaggi regionali presenti in Russia: tundra, steppa, foresta e zone umide.

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