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Una ricerca statunitense, i cui risultati sono stati pubblicati sul New York Times, collega il tasso di mortalità di Covid-19 all’esposizione all’inquinamento in certe zone del paese. Uno studio che potrebbe aiutare a spiegare anche gli impressionanti dati della regione Lombardia a cura di Raffaella Capritti Un’interessante ricerca statunitense realizzata dall‘Harvard University T.H. Chan School of Public Health, e i cui risultati sono stati pubblicati sul The New York Times, collega l’inquinamento dell’aria ai tassi di mortalità più elevati per i pazienti affetti da coronavirus. In poche parole si conferma che nelle aree soggette ad alti livelli di inquinamento atmosferico prima della pandemia c’è una maggior probabilità di morire a causa del COVID-19 rispetto ai pazienti che vivono in zone più pulite. I ricercatori hanno analizzato fino al 4 aprile 3.080 contee negli Stati Uniti scoprendo che a maggiori livelli di particolato fine PM 2,5, si associano statisticamente tassi di mortalità più elevati. ”Abbiamo scoperto che un aumento di soli 1 μg/m3 di PM2.5 è associato ad un aumento del 15% del tasso di mortalità COVID-19”. Nel documento si legge che se Manhattan avesse abbassato il suo livello medio di particolato di una sola unità, o di un microgrammo per metro cubo negli ultimi 20 anni, in questo periodo, almeno fino ai primi di aprile, probabilmente ci sarebbero stati 248 morti in meno di Covid-19. I risultati della ricerca potrebbero servire anche ad aiutare i funzionari della sanità pubblica nella modalità in cui allocano risorse, ventilatori e respiratori durante l’emergenza sanitaria. Una ricerca interessante e che può aiutare parzialmente a spiegare il caso della Lombardia, in cui il tasso di mortalità ha toccato punte superiori al 12% ripetto a una media del 5% nel resto del mondo. Francesca Dominici, professoressa di biostatistica ad Harvard, che ha condotto lo studio, ha sottolineato “Le contee con livelli di inquinamento più elevati sono quelle che avranno un maggior numero di ricoveri, un maggior numero di morti e in queste zone dovrebbero essere concentrate molte delle risorse”. La professoressa Dominici ha poi spiegato che la scoperta dello studio fa pensare che luoghi come la Central Valley della California, o la contea di Cuyahoga, Ohio, potrebbero aver bisogno di prepararsi a casi particolarmente gravi di Covid-19. I risultati dello studio sottolineano l’importanza di continuare a far rispettare le normative esistenti sull’inquinamento atmosferico per proteggere la salute umana, sia durante che dopo la crisi COVID-19. La ricerca non dà naturalmente risposte sul motivo per cui alcune parti del Paese siano state colpite più di altre. Rimane inoltre poco chiaro se l’inquinamento da particolato abbia un ruolo nella diffusione del coronavirus o se l’esposizione a lungo termine comporti direttamente un rischio maggiore di ammalarsi. Consiglia questa notizia ai tuoi amici Commenta questa notizia
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