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Lo studio delle architette Marta Baretti e Sara Carbonera si è aggiudicato il premio con l’ampliamento del Forte Rossarol, un’ex-caserma, che diventa un luogo di cura dedicato alle dipendenze. Gli ex baraccamenti militari privi di pregio vengono riplasmati con minime variazioni formali. Sobrio e coerente il disegno dello spazio pubblico, che diventa parte del percorso di cura A cura di: Pietro Mezzi Una delle strutture del Centro Soranzo, luogo di cura dedicato alle dipendenze, ospitato nell’area monumentale di Forte Rossarol Indice degli argomenti Toggle Il centro di curaIl progetto di interventoIl fulcro della riqualificazioneGli ampliamentiLa qualità degli spaziIl Wood Architecture Prize by Klimahouse Arbau Studio di Treviso si è aggiudicato, a pari merito con Filippo Taidelli Architetto, il primo premio per la migliore “Architettura pubblica” del Wood Architecture Prize Klimahouse, concorso indetto dalla Fiera di Bolzano, con la partnership scientifica del Politecnico di Torino, dell’Università Iuav di Venezia e in collaborazione con Pefc Italia. La realizzazione premiata riguarda l’ampliamento dedicato alla cura del Forte Rossarol, una fortezza novecentesca, un ex-caserma dell’esercito, collocata sulla terraferma nella località di Tessera, nella municipalità di Favaro Veneto del comune di Venezia, a poca distanza dal Forte Bazzera e dall’aeroporto Marco Polo. Il parere della giuria Per la giuria il progetto di Arbau è “una sapiente riqualificazione di ex baraccamenti militari privi di alcun pregio, i cui ampliamenti, in continuità per estrusione dei corpi di fabbrica preesistenti, riplasmano nella totalità i singoli fabbricati conservandone le geometrie elementari e, con controllate quanto minime variazioni formali da uno all’altro, conferiscono unità all’insieme, grazie anche al sobrio e coerente disegno dello spazio pubblico”. Il centro di cura Centro Soranzo, così si chiama il luogo di cura, è una struttura dedicata alle dipendenze, ospitata nell’area monumentale di Forte Rossarol, un’area militare abbandonata trasformata in hospice, in cui convivono attività di accoglienza e terapeutiche, in concessione a una cooperativa sociale. Grazie alla donazione economica di un privato, nel 2013 è stato avviato un processo multidisciplinare che ha interessato undici edifici nati come deposito di munizioni, che già ospitavano il Centro, un’eccellenza nella cura delle dipendenze, e che ha coinvolto artisti, medici, psicologi, operatori, utenti, grafici e ha portato alla rigenerazione degli spazi e alla valorizzazione del metodo di cura, aprendo una ricerca sulla relazione tra neuroscienze e architettura. Il progetto di intervento Il progetto multiscalare ha integrato più livelli d’intervento: la sistemazione paesaggistica, il restyling connesso alla riqualificazione energetica, la riorganizzazione funzionale, alcuni ampliamenti, gli interni e la grafica unificata. Si tratta di un progetto aperto, iniziato nel 2013 con i primi interventi e la riorganizzazione complessiva, e proseguito negli anni in funzione delle nuove esigenze, fino alle ultime realizzazioni completate nel 2021. L’idea iniziale ha fornito il telaio di riferimento e un registro linguistico, che hanno reso unitari e coerenti alla scala paesaggistica gli interventi succedutisi nel tempo. Il progetto si basa sulla scelta di un registro sobrio, senza eccessi formali, da un linguaggio contemporaneo, che riflette i principi di cura e pone il bello come elemento terapeutico. Il fulcro della riqualificazione Fulcro della riqualificazione sono i tre ampliamenti leggeri costruiti completamente in legno con pannelli X-Lam. Questi ospitano le sale terapeutiche collettive polifunzionali e disegnano delle testate trasparenti, che li rendono riconoscibili. La mensa della struttura Il progetto è partito dall’individuazione degli elementi di qualità presenti, in particolare la singolarità del luogo, una grande area verde circondata dal paesaggio agricolo, per valorizzarli integrando edifici e contesto ed estendendo gli spazi di cura all’esterno. Le vetrate creano continuità tra interno ed esterno, portando la luce naturale negli ambienti di cura e, di sera, quella artificiale nel parco, così gli ospiti sono stimolati ad usare lo spazio esterno per rilassarsi, fare attività fisica, incontrarsi. Gli ampliamenti Tre sono gli aggettivi che definiscono le caratteristiche dei nuovi ambienti: luminosi, accoglienti e stimolanti. Gli ampliamenti sono simili, ma al contempo differenti, caratterizzati dalla sporgenza asimmetrica del tetto, il cui taglio genera testate diverse, che introducono un’asimmetria che rompe la serialità dell’insediamento militare, ossessiva per una struttura di cura delle dipendenze. Gli interni di una delle strutture ampliate A ciò si aggiunge l’effetto di scomposizione spaziale data dall’uso alternato di due tonalità di colore, il rosso e il sabbia, nelle facciate degli edifici. Gli spazi interni sono caratterizzati dal legno lasciato a vista, unitamente alla sezione architettonica a “forma di casa”, e hanno un effetto domestico ed accogliente, più che “clinico”. La qualità degli spazi L’area verde è stata valorizzata ordinando i percorsi, a partire dalla strada centrale, trasformata in un viale pedonale, e dal sentiero di ronda, trasformato in percorso sportivo. Nel parco si collocano anche i quattro padiglioni per fumatori, piccole attrezzature nel verde. Planimetria con evidenziati gli interventi di ampliamento Tutto è partito della convinzione che la qualità dello spazio faccia parte del percorso di cura e possa generare un effetto diretto sulle persone, divenendo spazio che cura. Il risultato è un centro fortemente riconoscibile, in controtendenza con l’anonimato delle strutture socio sanitarie, identificate spesso solo da un punto di vista prestazionale. Assonometria delle strutture esistenti e degli ampliamenti Per questi motivi è stato oggetto di studi neuroscientifici sulla relazione tra spazio e cura, riportati nella pubblicazione “Aftercare & Post-Prevention nelle Addiction. Verso il benessere” a cura del professor Cristiano Chiamulera e dello psichiatra Mauro Cibin. Il Wood Architecture Prize by Klimahouse L’utilizzo virtuoso delle materie prime, il ricorso a tecniche di costruzione rispettose dell’ambiente, la leva delle nuove tecnologie per efficientare i consumi energetici senza rinunciare al comfort: sono questi alcuni dei parametri di giudizio seguiti dalla giuria del Wood Architecture Prize by Klimahouse, il primo premio nazionale per l’architettura in legno. Gli interni di una delle strutture di Forte Rossarol ampliate L’iniziativa è nata con l’obiettivo di diffondere le varie filosofie costruttive e progettuali incentrate sulla promozione dell’impiego del legno attraverso la selezione di opere in grado di rappresentare i diversi contesti applicativi e di sperimentazione: nuove edificazioni, riqualificazioni o ampliamenti, sopraelevazioni di edifici esistenti, architetture sperimentali, progettate e realizzate sul territorio nazionale, con una particolare attenzione rivolta alla durabilità progettuale e all’utilizzo combinato con altri materiali sostenibili. Profili delle strutture prima e dopo l’ampliamento Ottanta in progetti in gara, segno della grande attenzione al tema del legno, dell’efficienza energetica e della buona architettura. La giuria, presieduta da Manuel Benedikter, era composta da Sandy Attia dello Studio MoDus Architects, Guido Callegari del Politecnico di Torino, Mauro Frate dello Studio MFA Architects, Roberto Gargiani dell’Ecole Polytechnique di Losanna, Paolo Simeone del Politecnico di Torino e Luca Gibello, direttore de Il Giornale dell’Architettura. Piante degli edifici con gli ampliamenti Pianta esecutiva dell’ampliamento della sala terapeutica Disegni comparativi dei lavori di ampliamento Pianta della copertura con l’ampliamento della sala terapeutica Sezione della sala terapeutica Prospetti dell’ampliamento della sala terapeutica Prospetto della sala collettiva e della mensa Tema Tecnico Architettura sostenibile Consiglia questo progetto ai tuoi amici Commenta questo progetto