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A Castel Cerreto (BG), vede la luce un edificio polifunzionale con asilo nido, ad elevata sostenibilità. Firmato De8 Architetti, è certificato NZEB e costruito con legno e laterizi a vista A cura di: Arch. Emanuele Meloni Indice degli argomenti: Castel Cerreto e l’esperienza agricola collettiva La tensione rurale dell’architettura Il programma funzionale e lo spazio gioco Materialità: laterizio e legno Edificio a consumo quasi zero (NZEB) De8 Architetti firma la genesi di un edificio sostenibile in legno e laterizi a vista ad uso collettivo, per soddisfare i bisogni di una comunità agricola, nella campagna del bergamasco. Il progetto, frutto di una convenzione tra l’Amministrazione comunale e la Fondazione Istituti Educativi di Bergamo, è un centro Polifunzionale che unisce la funzione educativa (Asilo nido e scuola dell’infanzia) a quella più ampia pubblica e sociale: palestra, ambulatorio medico, sale riunioni e un auditorium. L’edificio è costruito secondo le più avanzate tecnologie nel campo della Bioedilizia: fonti rinnovabili, materiali naturali (legno e laterizio), impianti ad alta efficienza energetica. Il risultato è un manufatto a consumo bassissimo, quasi pari a zero, certificato NZEB (Nearly Zero Energy Building). Castel Cerreto e l’esperienza agricola collettiva Castel Cerreto è un piccolissimo borgo agricolo della campagna bergamasca. Una lembo di campagna rimasto pressoché intatto, in quella parte della pianura da cui già si vedono le alpi orobiche. “Quando penso alla “campagna” la memoria d’infanzia mi ritorna le stesse immagini, le stesse strade bordate da alberi che tagliano i campi coltivati, lo stesso colore della terra, la giacitura nord-sud della maglia agricola a ricordo della centuriazione romana, il caldo torrido estivo e la nebbia invernale. Le cascine hanno lo stesso orientamento longitudinale est-ovest, con un grande fronte sud “graticciato” che permette la ventilazione al fienile del primo piano.“ Mauro Piantelli, De8 Architetti L’unica, grande differenza, è che a Castel Cerreto c’è un “sistema” di cascine raggruppate e non isolate nella campagna. Storicamente, fino agli albori del Novecento, Castel Cerreto apparteneva ad un’unica famiglia nobiliare che, priva di eredi, decise di donare tutta la proprietà all’orfanatrofio di Bergamo (fondazione che tutt’ora la gestisce). Nel 1901 viene costituita una società cooperativa, “i probi contadini”: un centinaio di famiglie riunite per la coltivazione e la gestione di tutte le terre del lascito nobiliare. È un esperimento sociale ed economico, con risvolti ovviamente politici e che suscita un grande interesse internazionale: arrivano delegazioni dalla Francia, dalla Spagna, dall’Argentina e dalla Russia per studiare il modello cooperativo di Castel Cerreto. Si racconta che lo stesso Tolstoj, incuriosito dall’esperimento bergamasco, tratti il problema della cooperazione agricola nelle pagine di “Anna Karenina”. Confrontando le date appare però inverosimile, dato che il romanzo venne pubblicato 25 anni prima, ma ciò non toglie l’importanza di questo esperimento sociale che ha lasciato tracce indelebili ed ha “prodotto” uno spazio, come insegna Lefebvre, modellato sui rapporti sociali, sulla condivisione ed il senso di collettività. La richiesta di realizzare un nuovo centro civico, un edificio pubblico al servizio della comunità (ambulatori, sala incontri, palestra, scuola dell’infanzia, asilo nido), può sembrare paradossale se riferita ad un contesto così piccolo. De8 Architetti, hanno invece accolto l’idea con entusiasmo, vedendoci “una politica lungimirante affinché questi piccoli borghi agricoli possano evitare l’abbandono e la possibilità di trasformarsi in dormitori”. La tensione rurale dell’architettura Il progetto è parso da subito una sfida avvincente. Un’occasione ghiotta per sperimentare un nuovo linguaggio architettonico, sintesi di estetica contemporanea applicata al paesaggio naturale, “senza ricorrere ad una dura contrapposizione formale né per contro adottare un linguaggio “bucolico”. Il lotto individuato per il progetto è un confine, il punto di passaggio tra il nucleo originario, il sistema lineare delle cascine e la casa padronale, e quello puntuale degli edifici residenziali più recenti: un lotto di transizione, dove questo passaggio non può essere nascosto. Qui dovrebbe continuare a vedersi la campagna, la vista dei campi dovrebbe proseguire e raggiungere l’abitato. Tutt’intorno, il paesaggio naturale caratterizzato dai solchi dei campi arati e la campagna sconfinata. “A noi interessava il rapporto tra l’architettura e la terra che ora è completamente negato”. Obiettivo dei progettisti è trasformare l’attuale confine, di per sé rigido, in bordo, quindi qualcosa che si modifica, si ibrida, dove la terra diviene prima edificio e poi quinta urbana. Una transizione lenta tra la terra e lo spazio urbano. I due corpi di fabbrica, contrapposti uno fianco all’all’altro, scemano docilmente verso la campagna. Le loro estremità, infatti, presentano una rampa green, un tetto giardino (green roof) inclinato che raccorda il piano del terreno con la copertura degli edifici. Adesso, la transizione è completa. Edificio e natura si fondono in una simbiosi perfetta ch’è già nuova forma architettonica: “Abbiamo scomposto il programma funzionale in 2 distinti corpi di fabbrica uniti da un elemento trasparente che inquadra la campagna, rendendola così evidente”. Il passaggio è dolce e piacevole, rilassante e mai traumatico. Il programma funzionale e lo spazio gioco L’edificio monopiano ospita tutte le funzioni pubbliche, dalla grande sala per conferenze agli ambulatori ed allo spazio palestra. Il secondo edificio, a due livelli, ospita invece le funzioni scolastiche: la scuola dell’infanzia al piano terra e l’asilo nido al piano superiore. L’accesso al nido avviene attraverso una lunga scalinata che, salendo, apre lo sguardo verso la campagna circostante. “Durante questo percorso, che il bambino compie assieme al genitore, c’è il tempo necessario per una lenta “separazione” genitore-figlio, meno traumatica e più naturale di quanto avviene normalmente.” Il grande spazio-gioco della scuola dell’infanzia è aperto sulla campagna ma “protetto” dai 2 edifici, come una corte allungata che lentamente connette il borgo con lo spazio agricolo. Lo spazio gioco è di fatto il primo spazio sociale dei bambini, ricco di valenze educative e sensoriali. Qui può avvenire l’incontro con la natura e il contatto con la dimensione più spontanea dell’individuo, in completa libertà (in accordo coi principi della dottrina montessoriana). Nella corte interna si affacciano i percorsi connettivi di entrambi gli edifici, di modo che questo spazio sociale, d’incontro e gioco, sia il centro del progetto. Materialità: laterizio e legno I nuovi edifici riprendono le geometrie delle cascine ma sono disposti ortogonalmente ad esse, per non bloccare la vista della campagna. Il fronte sud, l’affaccio urbano, è risolto con una grande gelosia in laterizio: di giorno è una facciata opaca, con un profilo semplice esattamente come quello degli edifici rurali; di notte si smaterializza e l’ illuminazione interna diventa una presenza per tutto il borgo. Per questa facciata sono stati campionate 3 colorazioni di laterizi, messi in opera secondo un preciso schema di posa; la percezione finale di questo fronte riporta l’edificio ad una forte coerenza materica con il borgo rurale, seppur attraverso un linguaggio architettonico originale che condensa nel progetto le caratteristiche materiali e immateriali del luogo. La scuola di Castel cerreto è stata ingegnerizzata da LignoAlp, in collaborazione con Benis Costruzioni ovvero l’impresa esecutrice dei lavori. Ambo gli edifici – esclusa la platea di fondazione e il volume dei vani ascensori, realizzati in cemento armato – , sono interamente in legno. La struttura portante è del tipo a telaio (Platform Frame), con inserti puntuali dove serve di travi e pilastri in lamellare. In qualche caso, ad esempio nella scalinata di accesso al piano superiore, si è optato per una soluzione tecnologica diversa: pilastri e trave a ginocchio, sono profilati in acciaio doppio T. Il solaio sopra il piano terra è stato costruito in legno-calcestruzzo collaborante con l’obiettivo di combinare le caratteristiche migliori di questi due materiali. Internamente, le aule risultano calde luminose ed accoglienti. Ciò grazie all’uso del legno a vista sia nei pavimenti (parquet), che negli infissi e nel soffitto con travi e tavolato ben in mostra. La luce è diffusa ovunque senza mai essere abbagliante: la cortina esterna in mattoni, infatti, crea una schermatura filtrante che frammenta la luce in una moltitudine suggestiva di bagliori quasi fiabeschi. Edificio a consumo quasi zero (NZEB) Consapevoli che il grande impegno economico, soprattutto per le piccole comunità, sia di fatto legato alla gestione ed alla manutenzione di questi edifici, “abbiamo da subito sviluppato una proposta progettuale per ottenere un edificio NZEB”, quindi con consumi praticamente nulli o comunque risibili. Quest’ obiettivo è stato raggiunto utilizzando tecnologie passive e sfruttando l’inerzia termica della copertura verde, un vero “pezzo” di campagna che diventa edificio. Durante la costruzione del complesso, sono stati svolti workshop e conferenze, direttamente in cantiere, per confrontarsi con altri progettisti su alcune specifiche tecniche e scelte progettuali di questo intervento. Una sorta di learning by doing. Tema Tecnico Architettura sostenibile Consiglia questo progetto ai tuoi amici Commenta questo progetto