Rete elettrica UE: servono investimenti per evitare il blackout della transizione energetica

Un’analisi della Corte dei conti europea lancia un preciso allarme: la rete elettrica dell’UE è obsoleta e inadatta a sostenere la transizione energetica. Servono investimenti massicci, flessibilità e soluzioni tecnologiche avanzate. Entro il 2050 andranno investiti tra i 1.994 e i 2.294 miliardi di euro.  L’Italia e il progetto Hypergrid di Terna.

Rete elettrica UE: servono investimenti urgenti per evitare il blackout della transizione energetica

La transizione energetica europea si gioca anche – e soprattutto – sui cavi, le cabine e le connessioni. Secondo lo studio “Preparare la rete elettrica dell’UE all’azzeramento delle emissioni nette” della Corte dei conti europea, l’attuale rete elettrica dell’Unione, nata nel secolo scorso, è ormai inadatta a reggere l’onda d’urto della crescente domanda di elettricità. Se non si interviene subito con investimenti massicci e intelligenti, il Green Deal rischia il cortocircuito.

Come ha dichiarato Keit Pentus-Rosimannus, Membro della Corte responsabile dell’analisi: “Si prevede che la domanda di energia elettrica nell’UE sarà più che raddoppiata entro il 2050; sono dunque inevitabili notevoli investimenti nella rete. Bisogna però utilizzare ogni strumento disponibile per ridurre i costi: nuove tecnologie, soluzioni di stoccaggio e reti più flessibili”.

Una rete elettrica vecchia: i numeri dell’urgenza

Nel 2050, la domanda di elettricità nell’UE sarà il doppio rispetto a oggi, sostenuta da trasporti sostenibili, pompe di calore e industrie decarbonizzate. Ma quasi metà delle linee di distribuzione europee ha più di 40 anni.

La Commissione UE stima che occorrano tra i 1.994 e i 2.294 miliardi di euro da qui al 2050 per adeguare la rete. I piani attuali dei gestori di rete, però, coprono solo 1.871 miliardi.

Un’analisi che conferma i dati e le criticità emersi dal recente Rapporto pubblicato da IEA: Building the Future Transmission Grid: Strategies to Navigate Supply Chain Challenges.

L’Italia non fa eccezione. Anzi, è in prima fila per dimensione delle sfide. A fronte di una produzione rinnovabile concentrata nel Sud, il consumo è più significativo al Nord. Per colmare questo mismatch geografico, Terna ha lanciato il progetto Hypergrid, un piano da 11 miliardi di euro per modernizzare e potenziare le connessioni tra le due metà del Paese.

L’obiettivo? Raddoppiare la capacità di scambio da 16 a oltre 30 GW entro il 2032, usando tecnologie in corrente continua ad alta tensione (HVDC) e nuove connessioni sottomarine​.

Ma non si tratta solo di nuove linee. Serve anche resistenza climatica: l’ondata di calore del 2023 in Sicilia, con picchi oltre i 41°C, ha messo KO la rete locale, in alcuni casi gli incendi hanno danneggiato i cavi sotterranei causando interruzioni prolungate.

Flessibilità, digitalizzazione e prosumer per ridurre i costi

Un dato emerge chiaramente dall’analisi: potenziare sì, ma con intelligenza. Per la Corte dei conti europea, un sistema elettrico più flessibile può ridurre sensibilmente il fabbisogno d’investimenti.

La chiave sta nello sfruttare le opportunità offerte dalle tecnologie di stoccaggio, che si rivelano fondamentali per equilibrare in tempo reale domanda e offerta. Altrettanto strategici sono i contatori intelligenti e i meccanismi di gestione della domanda flessibile, strumenti che permettono di attenuare i picchi di consumo e quindi alleggerire la pressione sull’infrastruttura. Sarebbe molto utile potenziare le interconnessioni tra i vari paesi dell’UE.

Infine, sono importanti anche i prosumer e le comunità energetiche, realtà capaci di produrre e consumare energia a livello locale, contribuendo a creare un ecosistema energetico più distribuito, resiliente e sostenibile

In Italia, tuttavia, la diffusione dei contatori intelligenti è ancora disomogenea, e le barriere normative e burocratiche restano alte. Il tempo medio per pianificare e autorizzare un progetto di rete in Europa è di 4 anni per la trasmissione, 2,5 per la distribuzione. Nel frattempo, migliaia di progetti rinnovabili restano in attesa di connessione​.

C’è poi il nodo della sostenibilità economica: chi paga il conto? Le bollette elettriche, già gravate da oneri e imposte, rischiano di salire. I quadri normativi devono quindi garantire una remunerazione equa per i gestori senza penalizzare i consumatori finali. Un equilibrio tutt’altro che semplice.

Il piano decennale di Terna: 23 miliardi per l’Italia elettrica del futuro

Il nuovo Piano di Sviluppo 2025-2034 di Terna prevede più di 23 miliardi di euro di investimenti nei prossimi dieci anni. Una strategia che punta a rafforzare la capacità di trasporto, integrare rinnovabili e potenziare le interconnessioni, in linea con gli obiettivi del PNIEC e con le richieste della Corte dei conti europea.

Entro il 2030, saranno operative infrastrutture tra cui:

  • Tyrrhenian Link (HVDC sottomarino Campania-Sicilia-Sardegna);
  • Adriatic Link (HVDC Abruzzo-Marche, 1.000 MW);
  • Ponte energetico Italia-Tunisia, centrale per il ruolo dell’Italia come hub mediterraneo;
  • Collegamenti intrazonali e rinforzi intraregionali, come Bolano-Annunziata, Colunga-Calenzano e Milano-Montalto.

Il piano ha l’obiettivo di aumentare la capacità di scambio interna da 16 a circa 39 GW, e quella con l’estero del 40%. A questo si aggiunge una riduzione prevista di 12,1 milioni di tonnellate di CO₂ l’anno entro il 2040.

Terna intende inoltre rispondere “all’esplosione” delle richieste di connessione: 348 GW di nuovi impianti rinnovabili, 277 GW di accumuli e 30 GW legati a Data Center. Per gestire questa pressione, ha introdotto il modello di Programmazione Territoriale Efficiente e strumenti come il portale TE.R.R.A., oltre a una rete di 76 microzone che permettono una pianificazione algoritmica e predittiva dell’infrastruttura.

«Con 23 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, puntiamo ad assicurare al Paese un sistema affidabile, resiliente e sostenibile», ha dichiarato Giuseppina Di Foggia, AD di Terna.

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