I rischi climatici influenzano i prezzi degli immobili commerciali. Lo studio della BCE

La BCE ha pubblicato il documento “Pricing or panicking? Commercial real estate markets and climate change” che indaga la relazione tra rischio climatico e mercato degli immobili commerciali nell’area euro, con un focus specifico sugli uffici. Emergono dinamiche di prezzo e liquidità, con possibili ripercussioni per la stabilità finanziaria e il futuro dell’edilizia sostenibile

I rischi climatici influenzano i prezzi degli immobili commerciali. Lo studio della BCE

Come risponde il mercato immobiliare commerciale ai rischi legati al cambiamento climatico? Questa è la domanda al centro di uno studio inedito pubblicato dalla Banca Centrale Europea Pricing or panicking? Commercial real estate markets and climate change (Working Paper No. 3059), che per la prima volta analizza l’impatto dei rischi climatici sul segmento degli immobili commerciali, e in particolare degli uffici, nell’area euro. I risultati sono rilevanti non solo per chi investe nel settore, ma anche per chi si occupa di edilizia sostenibile, energia e resilienza urbana.

Attraverso l’analisi di quasi 25.000 transazioni avvenute tra il 2007 e il 2023 e l’incrocio di dati ambientali (come stress da calore, rischio alluvioni, innalzamento del livello del mare) con le caratteristiche degli edifici, la BCE evidenzia che il cambiamento climatico è ormai un driver di mercato immobiliare e rischia di generare effetti a catena su stabilità finanziaria, accesso al credito, politiche assicurative e investimenti nel settore edilizio.

Il prezzo del rischio: come cambia la valutazione degli edifici

La ricerca mostra che gli investitori immobiliari hanno cominciato ad applicare uno “sconto” (climate discount) agli edifici esposti a rischi fisici legati al clima. Questa penalizzazione, che è partita già dal 2012, ben prima dell’Accordo di Parigi del 2015, è diventata sempre più marcata nel corso degli anni. Secondo la BCE, il prezzo al metro quadro degli immobili ad alto rischio ha subito un calo medio del 24% nel periodo analizzato.

Grecia, Italia meridionale e altri paesi del Sud Europa sono i più esposti a fenomeni come ondate di calore, stress idrico e rischio idrogeologico. Ma nonostante questa crescente consapevolezza, lo studio non rileva problemi significativi di liquidità sul mercato degli immobili ad alto rischio. In altre parole, anche se scontati, al momento questi edifici continuano a essere venduti.

Un elemento interessante emerso dallo studio è che il repricing non riguarda tutti i rischi fisici allo stesso modo: gli investitori penalizzano maggiormente quelli collegati direttamente al cambiamento climatico (calore e innalzamento del mare), mentre non mostrano variazioni nei confronti del rischio sismico. Questo conferma che il cambiamento climatico è entrato a pieno titolo nelle strategie di valutazione degli asset immobiliari.

La transizione verde crea “stranded assets”: rischio e opportunità

Oltre al rischio fisico, il report BCE si concentra sul cosiddetto rischio di transizione, ossia quello legato alle politiche ambientali sempre più stringenti. Con l’adozione di direttive come l’Energy Performance of Buildings Directive e l’aumento della pressione normativa sui consumi e le emissioni, gli edifici obsoleti rischiano di diventare “stranded assets”: immobili invendibili o da ristrutturare profondamente.

Poiché i dati energetici diretti non erano disponibili, gli autori hanno utilizzato l’età dell’edificio come indicatore approssimativo della sua efficienza energetica. Anche qui emerge un segnale chiaro: gli edifici “giovani” (cioè costruiti o ristrutturati da meno di 5 anni) sono stati venduti a un prezzo mediamente più alto rispetto a quelli più vecchi, a parità di altre condizioni (come posizione, dimensioni, ecc.). Inoltre il margine di prezzo per edifici “giovani” (sotto i 5 anni) è aumentato di 18 punti percentuali dal 2007 al 2023. Ma mentre i prezzi mostrano solo un moderato differenziale negli ultimi anni, le dinamiche di mercato indicano un crescente disinteresse per gli immobili datati. Dal 2018, infatti, la quota di transazioni relative a edifici più vecchi è calata sensibilmente.

Ciò significa che un’ampia porzione del patrimonio edilizio rischia di diventare inadatta, con conseguenze su banche, fondi e assicurazioni che usano questi immobili come garanzie. La BCE segnala il rischio di una transizione disordinata, capace di amplificare gli effetti economici degli shock climatici se il sistema finanziario non si attrezza con strumenti macroprudenziali adeguati.

Serve un’azione coordinata tra mercato, politica e progettazione

L’indagine della BCE è un forte segnale per tutti gli attori della filiera edilizia e finanziaria. I rischi climatici sono già oggi un fattore rilevante nella valutazione degli immobili, e la tendenza si rafforzerà nei prossimi anni. Per questo motivo, progettisti, imprese, investitori e decisori pubblici devono lavorare insieme promuovere la riqualificazione energetica e ridurre la vulnerabilità del patrimonio edilizio.
Allo stesso tempo il report sottolinea l’urgenza di migliorare la qualità e la disponibilità dei dati sugli edifici, in particolare quelli relativi all’efficienza energetica, per consentire analisi più precise e decisioni più consapevoli. La resilienza del mercato immobiliare commerciale passerà anche dalla capacità di adattarsi in modo graduale, evitando panico e svalutazioni improvvise.

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