Sardegna 100% rinnovabile: scenario possibile entro il 2030

Uno studio del Politecnico di Milano, dell’Università di Cagliari e dell’Università di Padova segnala che la Sardegna può diventare la prima regione italiana a coprire interamente la propria domanda elettrica con fonti rinnovabili entro il 2030. Un futuro sostenibile non solo possibile, ma anche economicamente vantaggioso.

Sardegna 100% rinnovabile: scenario possibile entro il 2030

La Sardegna potrebbe diventare un laboratorio d’avanguardia per la transizione energetica. Lo conferma il nuovo studio dal titolo “Analisi di possibili traiettorie per la transizione energetica in Sardegna”, realizzato dal Politecnico di Milano, Università di Cagliari e Università di Padova su incarico del Coordinamento FREE, in collaborazione con Italia Solare e il Consorzio Italiano Biogas.

Dallo Studio emerge che il sistema energetico sardo potrebbe funzionare esclusivamente con fonti rinnovabili al 2030, abbandonando definitivamente carbone e altri combustibili fossili nel settore elettrico. Il modello di riferimento, NEMeSI, ha simulato diversi scenari, confermando la sostenibilità tecnico-economica dell’opzione 100% FER (Fonti di Energia Rinnovabile) e garantendo un futuro più pulito, efficiente e anche più economico per cittadini e imprese dell’isola.

Scenari per l’elettrificazione sostenibile dell’isola

Lo scenario denominato “FER100%” prevede la chiusura di tutte le centrali a carbone e a olio, con un’espansione della capacità fotovoltaica fino a 7 GWp e quella eolica fino a 4 GWe. Una strategia energetica che, grazie anche agli accumuli da 14 GWh e al Tyrrhenian Link, consente di mantenere l’equilibrio della rete e garantire la sicurezza del sistema. «La stabilità del sistema elettrico è garantita dagli accumuli e dalla interconnessione con il resto della rete italiana», sottolinea Fabrizio Pilo dell’Università di Cagliari.

Il fabbisogno elettrico, stimato in 8,2 TWh nel 2030, potrà essere soddisfatto integralmente da FER. Una parte significativa della domanda termica civile e industriale sarà elettrificata attraverso pompe di calore e sistemi ad alta efficienza, mentre l’uso del GNL sarà limitato a usi industriali ad alta temperatura.

Gli impatti? Minimi sul territorio – appena lo 0,4% della superficie agricola – ma importanti per l’ambiente e per le tasche dei cittadini. Le emissioni di CO₂ si ridurrebbero del 62%, e il prezzo medio zonale dell’energia elettrica scenderebbe da 108,3 €/MWh del 2024 a 66,4 €/MWh nel 2030, con un risparmio annuo in bolletta del 20% per una famiglia tipo.

Rinnovabili, biogas e comunità energetiche nel futuro della Sardegna

Il modello FER100% è supportato da solide basi tecnico-scientifiche ma anche da una lungimirante visione politica. Le piccole installazioni fotovoltaiche (almeno 1,5 GWp) potranno sostenere lo sviluppo delle Comunità di Energia Rinnovabile (CER), incentivando l’autoconsumo e la partecipazione diretta dei cittadini alla transizione energetica. Paolo Rocco Viscontini, presidente di Italia Solare, parla di “una combinazione efficiente di rinnovabili e accumuli in grado di garantire sicurezza, flessibilità e competitività economica”.

Un altro protagonista di questa rivoluzione è il biogas. In Sardegna, già oggi, la produzione locale può sostituire il 10% della domanda di gas industriale per uso termico. E il potenziale è molto più ampio. Piero Gattoni, presidente del Consorzio Italiano Biogas, evidenzia come lo sviluppo del biometano possa valorizzare i sottoprodotti agricoli locali, rafforzando la sostenibilità del sistema energetico e aprendo nuove opportunità per le aziende agricole sarde.

Maurizio Delfanti del Politecnico di Milano evidenzia che la Sardegna si trova oggi a un bivio: da un lato, l’opportunità concreta di diventare la prima regione italiana 100% rinnovabile; dall’altro, il rischio di rallentare il cambiamento con politiche miopi come la riconversione delle centrali esistenti. «Non appaiono giustificabili investimenti nella riconversione delle centrali termoelettriche, poiché questi non sarebbero remunerativi e rischierebbero di essere caricati come costi aggiuntivi sulle bollette».

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