La settimana più calda di sempre, ed è solo l’inizio

Gli esperti dell’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) delle Nazioni Unite segnalano che la scorsa settimana ha toccato temperature record a livello globale, sia sulla terraferma che negli oceani, con temperature superficiali del mare senza precedenti e perdita di ghiaccio marino antartico. Gli impatti  sugli ecosistemi e sull’ambiente causati dal cambiamento climatico sono potenzialmente devastanti.

La settimana più calda di sempre, ed è solo l'inizio

Il cambiamento climatico causato dall’uomo continua a mostrare i suoi devastanti effetti. Secondo i dati pubblicati dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) delle Nazioni Unite, quella tra il 3 il 9 luglio è stata la settimana più calda mai registrata a livello globale, che segue il giugno più caldo di sempre, con temperature superficiali del mare che hanno toccato un nuovo record e una significativa perdita di ghiaccio antartico. Ma non solo, il mese di giugno è stato particolarmente secco in varie parti del mondo in cui ci sono stati terribili incendi (in particolare in Nord America e in alcune regioni dell’Australia), ed è stato più umido della media nella maggior parte dell’Europa meridionale, nell’Islanda occidentale e nella Russia nord-occidentale, con forti precipitazioni che hanno causato inondazioni.

Secondo l’analisi provvisoria basata sui dati della Japanese Reanalysis for Three Quarters of a Century (JRA-3Q), non ancora confermati, il 7 luglio la temperatura media globale è stata di 17,24° C, un valore superiore di 0,3°C rispetto al precedente record di 16,94°C del 16 agosto 2016.

Il Prof. Christopher Hewitt, Direttore dei Servizi Climatici dell’OMM, spiega che si stanno facendo sentire gli effetti di El Niño, che “si prevede alimenterà ulteriormente il calore sia sulla terraferma che negli oceani e porterà a temperature più estreme e ondate di calore marine, con impatti che proseguiranno fino al 2024. Si tratta di una notizia preoccupante per il pianeta”.

Giugno bollente

Un rapporto del Servizio per i cambiamenti climatici Copernicus dell’Unione Europea – che collabora strettamente con l’Organizzazione meteorologica mondiale – ha mostrato che le temperature nel mese di giugno 2023 sono state di poco più di 0,5°C superiori della media 1991-2020, battendo il precedente record del giugno 2019. In particolare si è registrato un caldo record in tutta l’Europa nordoccidentale e in alcune zone del Canada, degli Stati Uniti, del Messico, dell’Asia e dell’Australia. Nello stesso stesso Rapporto si legge che “temperature superficiali del mare del Nord Atlantico sono state “fuori scala” e hanno toccato nuovi record sia a maggio che a giugno”. Gli effetti rischiano di essere devastanti a livello climatico e di habitat marino.  “Non è solo la temperatura superficiale, ma l’intero Oceano sta diventando più caldo e assorbe energia che rimarrà per centinaia di anni”.

Il responsabile del monitoraggio climatico dell’OMM Omar Baddour ha sottolineato che “L’Atlantico settentrionale è uno dei principali motori di fenomeni meteorologici estremi. Con il suo riscaldamento aumentano le probabilità di uragani e cicloni tropicali. La temperatura della superficie marina dell’Atlantico settentrionale è associata a forti piogge o siccità in Africa occidentale”.

Ghiaccio sempre più sottile

Il ghiaccio marino artico nel mese di giugno, con il 17% al di sotto della media, ha toccato i valori più bassi di sempre. Si è registrata una perdita di circa 2,6 milioni di chilometri quadrati di ghiaccio marino antartico rispetto alla media a lungo termine e quasi 1,2 milioni di km2 rispetto al precedente record del 2022.

Caldo record, aumentano i decessi

Uno Studio dell’Istituto di Salute Globale di Barcellona pubblicato su Nature Medicine segnala che, a causa del caldo estremo che ha toccato l’Europa la scorsa estate, sono state oltre 61.600 le morti premature in 35 paesi, con l’Italia in cima alla classifica (18.010 decessi). Le forti ondate di calore dovute al cambiamento climatico provocano un aumento di polveri sottili (in media di 2,6 µg/m3 più alte nei giorni di stagnazione dell’aria) e ozono, che impattano sulla salute e sulla mortalità.

Gli esperti della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima) a questo proposito spiegano che oltre il 60% di tali decessi ha coinvolto persone di oltre 80 anni e “l’Italia è il paese che in Europa vanta non solo la più elevata percentuale di grandi anziani rispetto alla popolazione generale (il 6,5% degli italiani ha più di 80 anni), ma anche il più alto numero di ultra-ottantenni, vale a dire oltre 3 milioni e mezzo di persone”.

Eppure, fa notare SIMA, si potrebbero evitare circa 43.000 decessi annui assicurando l’accesso agli spazi verdi stabilito dall’OMS e altri 10.000 morti aumentando del 24% il bike sharing.

 

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