Trattamento acque reflue: di cosa si tratta e perché è importante

Il trattamento delle acque reflue è un processo fondamentale per garantire la sicurezza delle persone e dell’ambiente. Vi sono diversi impianti di depurazione distribuiti sul territorio italiano, il cui compito è proprio quello di trattare le acque dopo l’utilizzo in ambito urbano, industriale e agricolo.

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Trattamento acque reflue: di cosa si tratta e perché è importante

Il consumo di risorse naturali, tra cui l’acqua, è indubbiamente un tema di grande rilievo, soprattutto ora che l’attenzione alla sostenibilità è cresciuta in modo significativo. Oggi, infatti, se non si attuassero misure e politiche chiare per la tutela ambientale, si rischierebbero conseguenze irreversibili. L’acqua, in particolare, è uno dei beni più preziosi che il Pianeta offre e come tale va preservato. Essenziale per la vita animale e umana, non solo deve essere utilizzata con parsimonia, ma anche protetta da potenziali fonti di inquinamento. Oltre ai consumi idrici, infatti, la normativa si preoccupa di regolare in modo puntuale anche gli scarichi idrici, che se veicolati nel modo errato verso matrici ambientali come fiumi, laghi, mare o sottosuolo, possono essere fonte di contaminazione e inquinamento. Si parla, infatti, di trattamento delle acque reflue.

Che cosa si intende con trattamento delle acque reflue?

Le acque reflue sono definite da ARPA Lombardia come:

le acque utilizzate nelle attività umane, domestiche, industriali o agricole, che per questo motivo contengono sostanze organiche e inorganiche che possono recare danno alla salute e all’ambiente”.

Si tratta, in sostanza, di acqua che, a seguito del suo utilizzo, non solo non presenta più tutte le caratteristiche di potabilità, ma è anche pericolosa per le persone e per l’ambiente. Nasce così il processo di ingegneria ambientale che prevede il loro trattamento, finalizzato ad una depurazione delle acque di scarico, rimuovendo i contaminanti organici e inorganici.

Che cosa si intende con trattamento delle acque reflue?

Le acque reflue sono cariche di patogeni e anche di sostanze chimiche, che ne richiedono inevitabilmente un trattamento. Lo scopo di questo processo è principalmente quello di renderla sicura da scaricare. Per evitare di inquinare l’ambiente, quindi, si sono realizzati impianti di depurazione, presso cui confluiscono queste acque poi sottoposte a diversi processi di trattamento.

Il trattamento primario prevede la rimozione dei solidi più grossolani, mediante la sedimentazione. Dopo di che, un trattamento secondario avvia processi biologici per eliminare le sostanze organiche (digestione aerobica o digestione anaerobica).

Infine, con i trattamenti terziari si eliminano ulteriori nutrienti o contaminanti specifici difficili da rimuovere nelle precedenti fasi, di cui i principali sono fosforo e azoto. Una volta trattate, le acque reflue possono essere restituite all’ambiente o riutilizzate per scopi specifici.

La situazione attuale in Italia

Secondo i dati ISPRA riportati nel Reporting UWWTD 2022, è possibile avere una panoramica dello stato della depurazione in Italia aggiornata all’anno 2020. Il numero di impianti di trattamento dovrebbe essere adeguato al carico di acqua da trattare, fortemente connessa al numero di agglomerati presenti su un territorio.

Trattamento acque reflue: la situazione in Italia

L’ISPRA individua 3025 agglomerati, con un carico complessivo generato pari a 78.011.318 abitanti equivalenti. Di questo carico, in Italia circa il 95,6% è convogliato in fognatura, mentre il 3,7% è trattato in IAS (sistemi individuali o appropriati per il trattamento) e solo lo 0,7% non converge in nessuno dei due. Gli impianti di depurazione attivi, in particolare, sono in totale (al 2020) 3665, con la capacità di trattate il 99% del carico totale stimato.

Dai dati, però, emerge una certa disparità tra le differenti Regioni italiane. Al Nord e nel Centro Italia la percentuale di scarichi convogliati in fognatura e trattati è generalmente superiore al 90%, con alcune Regioni che superano il 99%. Al Sud, invece, cresce il valore del carico che non convoglia né in fognatura, né in IAS, con la Calabria che supera la media nazionale e raggiunge il 4,6%.

Normativa vigente in Italia e nell’Unione Europea

La normativa europea rispetto agli scarichi idrici è stata oggetto di recente discussione nel Parlamento europeo e, con la maggioranza di voti favorevoli, nel mese di gennaio 2024 è stato deciso di revisionare le norme UE in materia, con l’obiettivo di incrementare il livello di protezione dell’ambiente e anche della salute pubblica. La principale novità dovrebbe riguardare l’estensione del ricorso a trattamenti secondari e terziari a molti più impianti di quanto avviene attualmente, aggiungendo anche l’obbligo di un trattamento aggiuntivo per i microinquinanti (si parla di “trattamento quaternario”). Previsto, inoltre, l’incoraggiamento al riutilizzo delle acque reflue trattate in corrispondenza delle zone soggette a stress idrico.

Trattamento acque reflue: Normativa vigente in Italia e nell'Unione Europea

L’attuale Direttiva 91/271/CEE già richiede agli Stati Membri di individuare aree sensibili rispetto alla tipologia di scarico, quali laghi, estuari, litorali o in generale laddove è necessario un trattamento aggiuntivo a quello secondario. Richiedeva, inoltre, di garantire che tutte le acque siano trattate prima di essere scaricate nell’ambiente.

A livello nazionale, poi, il principale riferimento è il D.Lgs 152/06, detto anche Testo Unico dell’Ambiente, che nella sua parte III si occupa di “Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, tutela delle acque dall’ inquinamento e di gestione delle risorse idriche”.

Qui, oltre a trattare il tema delle competenze e della definizione delle aree sensibili, si parla di risparmio idrico e riutilizzo dell’acqua, ma anche e soprattutto dell’intera disciplina degli scarichi. Diversi articoli trattano in modo specifico le reti fognarie, gli scarichi sul suolo, nel sottosuolo, nelle acque sotterranee, nelle acque superficiali e in corpi idrici in aree sensibili.

Tecnologie e metodi di trattamento delle acque reflue

Il trattamento delle acque reflue può prevedere processi tradizionali o anche l’uso di tecnologie più avanzate. Tipicamente, i processi prima citati, si basano su tecniche quali la sedimentazione, la filtrazione e la disinfezione. Lungo tutti i processi si ricorre a diversi trattamenti, meccanici e fisici (come la sedimentazione, la grigliatura o la sabbiatura), ma anche chimici (come la defosfatazione) e biologici. Si possono aggiungere specifiche sostanze per facilitare reazioni e processi, ma anche a microorganismi presenti nell’acqua, come nel caso della digestione accennata nel primo paragrafo.

Tecnologie e metodi di trattamento delle acque reflue

Gli impianti di depurazione, comunque, nella maggior parte dei casi distinguono la linea acque, dove si tratta quanto proveniente dalla fognatura (pre-trattamento, trattamento ossidativo biologico e ulteriori trattamenti), dalla linea fanghi, in cui si tratta ciò che deriva dalla sedimentazione prevista nella linea acque.

In aggiunta, l’uso di tecnologie quali i bioereattori a membrana, la fitodepurazione o la disinfezione a raggi UV, possono aumentare l’efficienza dei processi di trattamento. Allo stesso tempo, anche l’integrazione di nuove soluzioni digitali quali il controllo a distanza o l’automazione del funzionamento dell’impianto, possono fare la differenza. Sensori e sistemi di intelligenza artificiale permettono il monitoraggio in tempo reale dei processi e della qualità dell’acqua, ottimizzando il trattamento e riducendo i costi operativi. Si tratta, quindi, anche di intervenire sulle strutture esistenti, favorendo l’evoluzione tecnologica e riducendo l’obsolescenza degli impianti di trattamento.

Benefici ambientali ed economici di una gestione efficiente delle acque reflue

Una gestione efficiente delle acque reflue è fondamentale per garantire la tutela ambientale e la sicurezza delle persone. Se non si effettuassero i trattamenti citati, si rischierebbe la contaminazione di fiumi, laghi e mari, con un rischio sempre maggiore per le persone e la riduzione di disponibilità di acqua potabile. Inoltre, così facendo si tutelano anche la fauna e la flora marina, costantemente messe a rischio dalle attività umane che generano inquinamento.

Il trattamento delle acque reflue, se adeguatamente gestito, è anche un mezzo per recuperare una risorsa preziosa, riutilizzando l’acqua trattata per scopi agricoli o industriali.

Case study e best practice

Gli impianti di depurazione, a fronte di situazioni quali nuovi inquinanti da trattare, normativa in evoluzione, tecnologie che cambiano nel tempo, richiedono spesso interventi di ammodernamento. Oppure, nasce l’esigenza di costruirne di nuovi e virtuosi.

Alcuni esempi interessanti sono l’impianto di fitodepurazione a Melendugno, tra i più grandi d’Italia grazie ai suoi 8 ettari di estensione, 5 ettari di specchi d’acqua e sei vasche di depurazione. Riproducendo ciò che avviene in modo naturale nelle zone umide, l’impianto nasce come esperimento dell’Acquedotto Pugliese nel 2010, grazie anche a fondi regionali. Un progetto pilota che ora si presenta come bacino palustre artificiale ormai consolidato, che ha anche aiutato a ridurre il rischio desertificazione della zona.

È di quest’anno, invece, il lancio del progetto del nuovo impianto di trattamento delle acque reflue di Vicenza, finanziato con i fondi del PNRR. La prima fase dei lavori deve essere conclusa entro il 2026, per poi rendere operativo l’impianto nel 2029. Si tratta di un ampliamento e ammodernamento di un impianto esistente, che mira all’efficientamento della gestione dei fanghi, grazie all’introduzione del processo innovativo di idrolisi, che consenta la produzione di biogas da riutilizzare a scopi energetici all’interno dell’impianto stesso.


27/09/2022

Acque reflue in Italia: i lati oscuri di una risorsa da sfruttare

L’Italia è inadempiente sul trattamento delle acque reflue: lo confermano i dati e le sanzioni aperte in UE. Servono investimenti e la volontà di migliorare. Da PNRR e ricerca arrivano soluzioni

a cura di Andrea Ballocchi

Acque reflue in Italia: i lati oscuri di una risorsa da sfruttare

Indice degli argomenti:

Sullo stato delle acque reflue in Italia c’è ancora molto da fare. È un problema che sconta il nostro Paese (già carente in tema di bonifica di siti inquinati) e altri in Europa dove, proprio due settimane fa, la Commissione Europea ha segnalato varie inadempienze nella Comunicazione ai vari organi UE per il riesame dell’attuazione delle politiche ambientali 2022.

A cominciare dal trattamento delle acque. La stessa Commissione scrive a proposito che “nonostante siano stati fatti dei passi avanti, in molti Stati membri le acque reflue urbane non sono ancora raccolte e trattate come dovrebbero; per questo motivo la maggior parte di essi è tuttora oggetto di procedure di infrazione e alcuni sono stati condannati a pagare sanzioni pecuniarie”.

L’Italia figura tra i 19 Stati Membri per cui sono attualmente in corso procedure di infrazione per applicazione scorretta della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane.

Percentuale di acque reflue urbane che soddisfano i requisiti della direttiva sul trattamento acque reflue urbane

Contare su acque opportunamente trattate potrebbe essere un alleato prezioso per l’agricoltura. Dopo aver vissuto un’estate in cui la siccità è stata pesante, la stessa Commissione europea ha pubblicato delle linee guida per aiutare gli Stati membri e le parti interessate ad applicare le norme sul riutilizzo sicuro delle acque reflue urbane trattate per l’irrigazione agricola, evidenziando che “realizzare una società intelligente dal punto di vista idrico è più che una necessità in Europa e il riutilizzo dell’acqua è uno degli elementi chiave per garantire l’acqua per tutti”.

Bisogna ripartire da qui. In Italia, malgrado i lati oscuri in tema di acque reflue, ci sono anche segnali di una volontà di cambiare lo stato dell’arte. Il PNRR, pur concedendo solo 600 milioni (su 191,5 miliardi totali) a questo proposito, è un incentivo da sfruttare. Ma ci sono anche progetti innovativi che potranno contribuire a migliorare la situazione.

Acque reflue in Italia: le sanzioni aperte dall’UE e una situazione da migliorare

L’Italia oggi deve ancora scontare quattro procedure d’infrazione comunitarie per inadempienza alla Direttiva sulle acque reflue, due delle quali già sfociate in condanna. A causa del ritardo nel portare a termine i lavori necessari a uscirne da questa situazione per i lavori di adeguamento 2018-2024 il nostro Paese dovrà pagare mezzo miliardo di euro.

Dal 2015 a oggi ha già versato all’Unione e 620 milioni di euro per violazione di norme votate anche dal Belpaese. Le multe toccano molte regioni del Sud per la presenza diffuse di discariche illegali per lo scarico delle acque reflue urbane in aree sensibili, ma il problema è diffuso.

Il risultato è che solo il 56% delle acque reflue nazionali è trattato in linea con la legislazione europea, evidenzia l’Agenzia Europea dell’Ambiente. Questa situazione non certo ottimale è legata a scelte poco lungimiranti, a cominciare dal livello di investimenti per la raccolta e il trattamento delle acque reflue in Italia. Il nostro Paese investe 16 euro per cittadino all’anno per nuove infrastrutture di raccolta e trattamento acque e per il rinnovo di quelle obsolete. Si tratta di una cifra molto inferiore alla media dell’UE, che è di 41 euro all’anno per cittadino.

Gli investimenti stanziati per migliorare la situazione

Una gestione ottimale delle risorse idriche è fondamentale e in questo senso è bene lavorare per ottenere risultati duraturi, grazie anche agli investimenti. Il PNRR prevede un monte di 600 milioni di euro per fognature e per fornire un contributo alla depurazione delle acque reflue in Italia. Oltre a rendere più efficace la depurazione delle acque reflue scaricate nelle acque marine e interne, si punterà a trasformare gli impianti di depurazione in “fabbriche verdi”, per consentire il recupero di energia e fanghi, e il riutilizzo delle acque reflue depurate per scopi irrigui e industriali.

Sul tema investimenti e progetti è uscito proprio in questi giorni il paper “Acqua, investimenti e climate change“, realizzato da Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche nazionali. In esso si legge che i gestori italiani del servizio idrico investiranno circa 10 miliardi di euro per garantire nei prossimi anni un approvvigionamento sicuro di acqua potabile.

Acque reflue in Italia: i lati oscuri di una risorsa da sfruttare

Di questi 2,5 miliardi di euro sono ripartiti equamente tra i segmenti di fognatura e depurazione. Tra i circa mille progetti che i gestori hanno in cantiere vi sono anche quelli per il riutilizzo delle acque reflue.

Il contributo di ricerca e innovazione: dalla depurazione all’idrogeno verde

Ricerca e innovazione sono preziosi alleati nel contribuire a migliorare la situazione delle acque reflue in Italia. A questo proposito, è stato avviato il progetto europeo FIT4REUSE di cui fanno parte Ispra, Università di Bologna e l’Università Politecnica delle Marche. Il progetto nasce per fornire modalità di approvvigionamento idrico sicure, sostenibili e accettate per il bacino del Mediterraneo, sfruttando risorse idriche non convenzionali. In questo senso, si parte dalla convinzione che le acque reflue trattate e l’acqua desalinizzata possono contribuire a compensare il divario tra la domanda e l’offerta di acqua per l’agricoltura e a fornire acqua di qualità costante durante tutto l’anno. Per questo FIT4REUSE si concentrerà su tecnologie di trattamento innovative, sostenibili e sicure e sull’uso delle acque reflue trattate e dell’acqua desalinizzata in agricoltura e per la ricarica delle falde acquifere.

Un altro progetto innovativo è SynBioS (Syngas Biological Storage), avviato da Hera – con un investimento di circa 10 milioni di euro – e che entrerà in esercizio nel 2023. Si tratta di un impianto “power to gas” che intende convertire energia elettrica rinnovabile e acque reflue in idrogeno verde e, poi, in biometano.

Ubicato a Bologna Corticella all’interno del più grande depuratore fra quelli gestiti per bacino di utenza servito, l’impianto SynBioS, una volta a regime, grazie a una potenzialità di 1 MW, potrà produrre circa 190 Nm3/h di green gas, evitando l’emissione in atmosfera di circa 50 Nm3/h di anidride carbonica.


Articolo aggiornato – Prima pubblicazione 2022

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