Unità collabenti: definizione, catasto, compravendita

Le unità collabenti, ossia i fabbricati della categoria catastale F/2, sono edifici che versano in condizione di rovina e degrado, sono fabbricati non agibili spesso non più integri. In Italia il numero dei beni così accatastati è cresciuto negli ultimi anni, ma i proprietari interessati alla loro ristrutturazione devono sapere che è possibile accedere ad apposite detrazioni fiscali. In molti, oggi, si chiedono se la loro riqualificazione dia accesso ai bonus edilizi. Ecco le cose principali da sapere sui fabbricati collabenti.

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Unità collabenti: definizione, catasto, compravendita

Un fabbricato collabente è un edificio privo di reddito. Sul territorio italiano sono davvero molti gli immobili abbandonati che, nel tempo, arrivano ad uno stato di degrado elevato, tale da renderli completamente inutilizzabili.

I fabbricati collabenti, al di là delle specifiche condizioni di conservazione e della storia che le ha portato a questa condizione, devono in ogni caso essere dichiarati e mappati, con il giusto accatastamento. Le cose da sapere, per i proprietari di un fabbricato collabente, sono importanti per potersi muovere nel migliore dei modi.

Da un lato, infatti, si apre la questione relativa al reddito e al pagamento delle relative tasse, dall’altro le modalità con cui poter riqualificare e recuperare gli immobili di questa tipologia.

Cosa sono le unità collabenti

Le unità collabenti sono una particolare tipologia di fabbricati, che si distinguono non tanto per la loro funzione o le loro caratteristiche, ma piuttosto per il loro stato di conservazione. Rientrano, infatti, tra le unità collabenti tutti quegli edifici che versano in significative condizioni di degrado, tali da renderli privi di rendita. Si parla, in sostanza, di immobili diroccati e fatiscenti, ruderi o anche edifici parzialmente demoliti.

In ogni caso, le condizioni di queste costruzioni ne rendono impossibile l’utilizzo e, di conseguenza, ne “annullano” il valore.

Unità collabenti: definizione, catasto, compravendita
Per questo motivo, sono considerati unità collabenti anche tutti quegli edifici con struttura integra, ma con il tetto crollato o, comunque, in condizioni da non poter essere funzionali. È la normativa a definire in modo preciso quanto finora descritto, individuando anche una specifica classe catastale.

Attenzione, però, a non fare confusione tra un fabbricato collabente e un edificio inagibile, in quanto non sono la stessa cosa. L’inagibilità potrebbe essere dovuta a differenti fattori, non necessariamente riconducibili all’impossibilità (da un punto di vista funzionale e strutturale) di utilizzare l’edificio. I fabbricati inagibili, infatti, seguono le regole che ogni Comune è chiamato a definire nel proprio regolamento. La differenza principali, in termini concreti, è che l’inagibilità non è causa di perdita di rendita. L’unico vantaggio per i proprietari è che questi immobili godono di una riduzione dell’IMU, pari al 50%.

Fabbricato collabente: cosa dice la normativa catastale

Il Decreto Ministeriale n. 28 del 2 gennaio del 1998 reca le norme in materia di costituzione del catasto dei fabbricati.

Fabbricato collabente: cosa dice la normativa catastale

L’articolo 2 del decreto dà una prima indicazione rispetto l’unità immobiliare e prosegue poi indicando che

“ai soli fini della identificazione possono formare oggetto di iscrizione in catasto, senza attribuzione di rendita catastale, ma con descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d’uso” anche le “costruzioni inidonee ad utilizzazioni produttive di reddito, a causa dell’accentuato livello di degrado.

Si parla in particolare dei seguenti immobili:

  1. a) fabbricati o loro porzioni in corso di costruzione o di definizione;
  2. b) costruzioni non inidonee ad utilizzazioni produttive di reddito, a causa dell’accentuato livello di degrado;
  3. c) lastrici solari;
  4. d) aree urbane.

Diventano dunque oggetto di iscrizione catastale anche tutti i fabbricati collabenti, come unità immobiliari non idonee ad utilizzi che producano reddito. Quindi, anche senza che sia ad essi attribuita una rendita catastale, è necessario censirli e descriverne le caratteristiche.

Nello specifico, gli immobili collabenti sono definiti con la categoria F/2 “Unità collabenti – fabbricati fatiscenti, ruderi, unità con tetto crollato e inutilizzabili”.

Come accatastare un’unità collabente

Per accatastare un edificio come unità collabente è necessario rispettare un preciso iter burocratico.

Come accatastare un’unità collabente

Se si tratta di edifici che in precedenza erano accatastati in altre categorie e che, solo con il passare del tempo, versano in condizioni tali da risultare unità collabenti, è necessario fare una doppia operazione. Infatti, non si tratta di un semplice declassamento, ma piuttosto di una sospensione della precedente unità e un successivo nuovo accatastamento.

Documentazione necessaria

Per effettuare la dichiarazione e l’iscrizione al catasto di un fabbricato collabente è necessario presentare della documentazione predisposta da un professionista, che contenga una relazione sullo stato dei luoghi (con data e firma) a testimonianza dello stato del fabbricato collabente.Unità collabenti: definizione, catasto, compravendita

La relazione si deve concentrare sulla condizione in cui versa l’edificio, con particolare attenzione alle sue componenti strutturali. Ad esse deve essere allegata anche la documentazione fotografica necessaria a mostrare lo stato del fabbricato, oltre ad un’autodichiarazione del proprietario rispetto alla mancanza di allacciamento ai servizi primari, quali acqua, gas ed elettricità. Per l’accatastamento, infine, non vengono mai richieste planimetrie di alcun genere, proprio per la natura compromessa del fabbricato collabente.

Tempistiche e costi

Le tempistiche per l’accatastamento di un fabbricato collabente dipendono principalmente dal tempo impiegato per la predisposizione di tutta la documentazione necessaria per completare l’iter burocratico descritto.

I professionisti a cui si affida l’incarico dovrebbero, in ogni caso, fornire un’indicazione in merito ai tempi da loro pianificati per la redazione della documentazione e per gli eventuali controlli o sopralluoghi che potrebbero ritenere necessari. Una volta predisposta la documentazione ed effettuato l’invio telematico vi è un tempo tecnico per l’elaborazione della pratica, che dipende dagli uffici competenti. Generalmente, comunque, l’iter dovrebbe concludersi nell’arco di un mese.

Per quanto riguarda i costi, invece, deve essere preventivato l’onorario del tecnico, per il quale deve essere richiesto un preventivo completo prima dell’affidamento dell’incarico e che dovrebbe essere della misura di alcune centinaia di euro. Infine, è necessario pagare l’imposta per la presentazione della pratica, che solitamente è di 50 euro.

Unità collabenti catasto: la mappatura dell’Agenzia delle Entrate

L’Agenzia delle entrate periodicamente pubblica un documento intitolato “Statistiche catastali”, nel quale riporta una serie di dati e informazioni in merito all’accatastamento dei fabbricati in Italia. Secondo l’ultimo report, pubblicato a luglio e relativo ai dati del 2023, lo stock immobiliare italiano censito al 31/12/2023 conta oltre 78,4 milioni di immobili, di cui oltre 3,7 milioni rientrano nelle categorie catastali del gruppo F, come unità non idonee, anche solo temporaneamente a produrre ordinariamente un reddito. Nello specifico, all’interno di questo gruppo le unità collabenti in categoria F/2 sono più di 620 mila, con un aumento dell’1,6% rispetto all’anno precedente. In generale, l’intero comparto ricadente nella categoria F è in crescita dell’1,4% rispetto al 2022.

Unità collabenti catasto: la mappatura dell’Agenzia delle Entrate

Emerge, pertanto, una conferma del graduale aumento del numero di fabbricati accatastati come unità collabenti che si era già rivelato nel decennio precedente. Questa crescita dipende, molto probabilmente, anche dall’aumento della pressione fiscale sugli immobili, seguita all’introduzione dell’IMU. A ciò, poi, si aggiunge anche il costo sempre maggiore per la riqualificazione degli immobili, che a livello geografico genera disparità significative.

Come intervenire e ristrutturare le unità collabenti

Le unità collabenti possono essere opportunamente ristrutturate, dando loro una seconda vita. Da un punto di vista tecnico e amministrativo, però, la classificazione degli interventi dipende dalla “storia” dell’edificio in questione. Le principali possibilità sono due.

Come intervenire e ristrutturare le unità collabenti?

Nel caso in cui l’edificio sia in rovina, ma non sia mai stato completato, è necessario un permesso di costruire, come per tutti gli interventi di nuova costruzione.

Se, invece, un edificio è in rovina, ma è stato inizialmente completato ed eventualmente anche utilizzato gli interventi eseguiti sul rudere rientrano nelle opere di “ristrutturazione edilizia”, per cui è necessario presentare una SCIA. Chiaramente, lo stato originario deve poter essere dimostrato.

La differenza tra le due tipologie di intervento è chiara se si fa riferimento alla stessa definizione di “ristrutturazione edilizia”, che contempla anche interventi di demolizione e ricostruzione: “interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza”.

Vantaggi fiscali per le unità collabenti

Da un punto di vista fiscale i principali vantaggi per i proprietari di un fabbricato collabente sono chiaramente riconducibili all’esenzione dal pagamento di tasse quali l’IMU e la TASI.

Vantaggi fiscali per le unità collabenti

Oggi, inoltre, c’è la possibilità di beneficiare delle detrazioni fiscali in vigore, ricordando che con la nuova Legge di Bilancio subiranno ulteriori modifiche. Non è possibile, invece, beneficiare delle agevolazioni previste per la “prima casa”, in quanto un fabbricato collabente non è effettivamente pronto all’utilizzo per il quale si vuole procedere con l’acquisto. Un punto chiarito in modo esplicito dall’Agenzia delle Entrate, che risponde all’interpello n. 357 del 30/08/2019.

Detrazioni disponibili

Le unità collabenti, quando vengono ristrutturate, danno diritto di accesso alle detrazioni fiscali, ma ad alcune condizioni. Con alcuni chiarimenti, infatti, l’Agenzia delle Entrate prende in considerazione gli aspetti e i vincoli principali definiti dai bonus edilizi e li pone in relazione alle caratteristiche di un fabbricato collabente.

Ad esempio, con la risoluzione n. 215E del 12 agosto 2009, affronta punti quali la definizione di edificio esistente, alla base di tutte le agevolazioni fiscali per il recupero degli immobili. Viene riportato: “Per quanto riguarda il requisito “dell’esistenza”, nel quesito in esame è evidenziata la classificazione dell’immobile, come unità collabente, categoria riferita ai fabbricati totalmente o parzialmente inagibili e non produttivi di reddito. In relazione a tale aspetto, si ritiene che la condizione di inagibilità del fabbricato conseguente agli eventi sismici, da cui deriva la classificazione catastale di unità collabente (F2), non esclude che lo stesso possa essere considerato come edificio esistente, trattandosi di un manufatto già costruito e individuato catastalmente, seppure non suscettibile di produrre reddito”.

Ciò rende chiara una delle principali condizioni per poter accedere alle detrazioni fiscali per opere di ristrutturazione di un fabbricato collabente: ricadano negli interventi di ristrutturazione edilizia solo quelli effettuati su un edificio che, per quanto ora si trovi in rovina, è stato a suo tempo ultimato.

Se anziché alle detrazioni per la ristrutturazione si vuole accedere alle detrazioni per la riqualificazione energetica, allora è necessario che ci sia già un impianto, anche se non funzionante.

Sempre l’Agenzia delle Entrate afferma: “Per quanto concerne la preesistenza nell’edifico di un impianto termico […] per verificare che gli elementi indicati costituiscano un impianto di riscaldamento si ritiene di dover far riferimento alla normativa tecnica recata dal D.Lgs. 29 dicembre 2006, n. che fornisce la definizione di “impianto termico”.

La presenza di un impianto termico, infatti, è un requisito dell’Ecobonus e non ci sono eccezioni per i fabbricati collabenti. Rispetto a quanto riportato nella risoluzione, i più recenti aggiornamenti normativi (con riferimento al D.Lgs 48/2020) hanno apportato alcune modifiche e ora sono esclusi tutti gli impianti per la sola produzione di acqua calda sanitaria, mentre sono considerati impianti termici anche le stufe a legna, i termocamini o le stufe a pellet. Esistente, significa che teoricamente dovrebbe poter essere rimesso in funzione, seppure con opportuni interventi di ripristino. 

FAQ Fabbricati collabenti

Un fabbricato collabente è soggetto all’Imu e alla Tasi?

Quando un immobile viene riconosciuto come un fabbricato collabente, e quindi non produttivo di reddito, le conseguenze si riversano anche sul piano fiscale.

Per questo motivo, generalmente, non risulta essere soggetto al pagamento di tasse come Imu e Tasi.  Queste agevolazioni sono finalizzate ad alleggerire i proprietari di questi immobili, che di fatto non possono dedurre alcun tipo di vantaggio dagli stessi, salvo a seguito di opportuni interventi, che però ne cambiano anche la classe catastale.
Eventuali eccezioni possono essere riscontrate in alcuni comuni in cui, nel chiedere il versamento delle imposte, si fa riferimento all’area su cui sorge il fabbricato, che può essere considerata come area edificabile e di conseguenza essere sottoposta al corrispettivo regime impositivo.

Un secondo aspetto proprio degli immobili collabenti è il loro essere esonerati dall’obbligo di presentare una serie di documentazione al momento di compravendita.

La legge prevede, infatti, che in queste circostanze siano disponibili l’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione di conformità di quanto depositato in catasto rispetto allo stato di fatto. 

Le unità collabenti possono usufruire di agevolazioni fiscali come il Superbonus 110%?

Le unità collabenti possono usufruire delle detrazioni fiscali per le ristrutturazioni edilizie e per la riqualificazione energetica degli edifici esistenti, purché risultino correttamente accatastati e siano stati, a loro tempo, completamente ultimati. Finché è stato in vigore il Superbonus 110% le unità collabenti erano ammesse alle detrazioni fiscali previste da questa misura per la riqualificazione degli edifici esistenti. Oggi, però, la detrazione fiscale al 110% non è più disponibile.

Come si accatasta un edificio nella categoria F/2 delle unità collabenti?

Per accatastare un edificio come unità collabente è necessario rispettare un preciso iter burocratico. Se si tratta di edifici che in precedenza erano accatastati in altre categorie e che, solo con il passare del tempo, versano in condizioni tali da risultare unità collabenti, è necessario fare una doppia operazione. Infatti, non si tratta di un semplice declassamento, ma piuttosto di una sospensione della precedente unità e un successivo nuovo accatastamento.

Per effettuare la dichiarazione e l’iscrizione al catasto di un fabbricato collabente è necessario presentare della documentazione predisposta da un professionista, che contenga una dichiarazione e una relazione (con data e firma) a testimonianza dello stato del fabbricato collabente.

Ad esse deve essere allegata anche la documentazione fotografica necessaria a mostrare lo stato del fabbricato, oltre ad un’autodichiarazione del proprietario rispetto la mancanza di allacciamento ai servizi primari, quali acqua, gas ed elettricità. Per l’accatastamento dei fabbricati collabenti, infine, non vengono mai richieste planimetrie di alcun genere.

Va specificato, però, che non possono essere accatastati in questo modo i manufatti che non sono individuabili e perimetrabili, quindi sono esclusi i casi in cui ad esempio manchi completamente la copertura o in cui i muri perimetrali non superino il metro di altezza.

Quali immobili sono esclusi dall’accatastamento?

Sono esclusi solo i manufatti che non è possibile delimitare o perimetrare.

Inoltre, è importante sapere che non possono essere accatastati i manufatti che non sono individuabili e perimetrabili, quindi sono esclusi i casi in cui ad esempio manchi completamente la copertura o in cui i muri perimetrali non superino il metro di altezza. 


Articolo aggiornato – Prima pubblicazione 2019

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